La scadenza oggi dell’ Avviso Pubblico di Selezione dei beneficiari del Programma per un Reddito minimo di inserimento coincide con il severo giudizio della Caritas sulle risposte date sinora ai problemi di tutela del welfare contenuto nel Rapporto 2015 “Le politiche contro la povertà in Italia”, presentato oggi a Roma. Lo studio parte dalla fotografia della situazione: se è vero, si legge, che la povertà assoluta (dati Istat) ha smesso di crescere stabilizzandosi intorno al 7% della popolazione, confrontando il 2014 con il 2007, cioè con il periodo pre-crisi, il numero dei poveri in senso assoluto è salito da 1,8 milioni a 4,1 milioni, dunque è più che raddoppiato. L’Italia, sottolinea Caritas, è l’unico paese europeo, insieme alla Grecia, privo di una misura nazionale contro la povertà. L’attuale sistema di interventi pubblici risulta del tutto inadeguato (i fondi nazionali sono passati da 3.169 milioni del 2008 a 1.233 milioni del 2015) e frantumato in una miriade di prestazioni non coordinate, la gran parte dei finanziamenti pubblici disponibili è dedicata a prestazioni monetarie nazionali mentre i servizi alla persona, di titolarità dei Comuni, sono sottofinanziati. Infine, la distribuzione della spesa pubblica è decisamente sfavorevole ai poveri: l’Italia ha una percentuale di stanziamenti dedicati alla lotta alla povertà inferiore alla media dei paesi dell’area euro (0,1% rispetto a 0,5% del Pil, l’80% in meno). Gli interventi decisi dal governo Renzi – bonus di 80 euro, bonus bebè, bonus per le famiglie numerose e l’Asdi – secondo il rapporto si traduce in un complessivo incremento medio di reddito pari al 5,7%, risultato migliore rispetto ai precedenti Governi. Si tratta, però, di un avanzamento marginale e non privo di controindicazioni e pertanto la valutazione d’insieme è che in materia di sostegno al reddito l’attuale esecutivo, ad oggi, non si è discostato in misura sostanziale dai suoi predecessori e ha confermato la tradizionale disattenzione della politica italiana nei confronti delle fasce più deboli. Se, infatti, il 22% dei nuclei poveri ottiene almeno una delle misure sopra elencate, solo il 5,5% esce dalla povertà per effetto di questi interventi. Anche le misure annunciate, come l’abolizione della Tasi o la riduzione dell’Irpef, incideranno poco o nulla su questi nuclei che per lo più sono incapienti. Per la DC-Libertas l’attuazione del provvedimento del Reddito Minimo di Inserimento, atteso alla prova generale sia per il numero di nuclei familiari beneficiari che per gli effetti indiretti rivolti al reinserimento nel mondo del lavoro dei capifamiglia disoccupati, non può risolvere il problema del contrasto del disagio sociale. Condividiamo e sosteniamo la richiesta della Caritas italiana per l’introduzione di uno strumento più efficace a livello nazionale che è il Reddito di inclusione sociale (Reis) proposto da un cartello di realtà della società civile denominato Alleanza contro la povertà. Che cosa vuol dire “costruire il welfare”? È qui che risiede oggi, a nostro avviso, la specificità delle politiche contro la povertà. Infatti, gran parte delle posizioni espresse nell’attuale dibattito sul welfare condividono il medesimo punto di partenza: il tema è come intervenire su politiche pubbliche già presenti. Contro la povertà, invece, vi sono significativi interventi a livello locale, mentre a livello nazionale un sistema di politiche pubbliche di welfare, degno di questo nome, non è mai nato. Pertanto, qui il punto non è difendere/ripensare/indietreggiare rispetto a qualcosa che – pur perfettibile – c’è già. Occorre invece decidere se si vuole o meno dar vita ad un sistema fondato su una misura rivolta a chiunque sia in povertà assoluta, un livello essenziale costituito da un mix tra diritti nazionali e risposte disegnate dalla rete dei servizi locali e dotato di finanziamenti adeguati.
Nella foto Margherita Ricecca, Consulta welfare DC-Libertas