Di Giacomo (S.PP.): 55° suicidio, è la risposta al decreto “carcere tutto come prima” varato dal Consiglio dei Ministri. Di seguito la nota integrale.
“55esimo suicidio questa volta è toccato ad un 83 il quale si è impiccato nel carcere di Potenza. Era in Carcere per aver ucciso la moglie. A comunicarlo è Aldo di Giacomo segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria spp. A molti è apparso subito evidente che 83enne di Maschito, provincia di potenza, non fosse molto lucido per cui in carcere non era proprio indicato. Questa è l Italia dei controsensi in cui chi uccide una donna sulle strisce senza patente va ai domiciliari ed un nonno di 83 chiaramente fuori di senno va in galera. Questo caso dimostra chiaramente che vi è bisogno di rivedere il sistema di accesso al Carcere. Siamo abbandonati a noi stessi, le carceri stanno vivendo il peggior momento nella storia della repubblica, la politica sta’ dando il peggio in termini di incapacità di analisi e risoluzioni di un problema che è sotto gli occhi di tutti. Il rispetto per le vita non interessa alla politica come la condizioni disumane in cui si vive nelle carceri italiane sia per i detenuti che per gli operatori penitenziari. In qualsiasi altro Stato le dimissioni del Ministro Nordio e del sottosegretario Del Mastro sarebbe state automatiche da noi sembra quasi un merito non essere capaci di trovare soluzioni. Nel frattempo ci aspetta un’ estate di rivolte, fughe di massa e vite spezzate sia tra i detenuti che tra gli agenti. Il suicidio nel carcere di Potenza è la risposta al decretino “carcere tutto come prima” varato dal Consiglio dei Ministri. Lo stillicidio continua e nel provvedimento sbandierato per una sorta di risposta alle emergenze del sistema penitenziario non c’è proprio nulla destinato a cambiare qualcosa in questa estate nerissima per le carceri italiane, per i detenuti e per i servitori dello Stato”. Di Giacomo, segretario che per due giorni ha protestato in catene davanti gli uffici del Ministro Nordio aggiunge:. “il “decretino” ei contenuti però siamo ancora lontani dall’accoglimento delle nostre proposte per affrontare con strumenti efficaci l’emergenza che ha toccato livelli mai registrati in passato in tutti gli istituti penitenziari del Paese”. “L’impegno di assunzione di 2 mila agenti, un contingente in buona parte già previsto dal piano assunzioni per il biennio 2025-2026 – aggiunge Di Giacomo – è legato alla modifica di alcune disposizioni in materia di formazione degli agenti di polizia penitenziaria, oltre a modifiche sulla disciplina relativa agli incarichi di livello dirigenziale nel ministero della Giustizia. Siamo in attesa di conoscere in dettaglio le modifiche introdotte che ci auguriamo accolgano i rilievi che abbiamo presentato sulla riduzione del periodo di formazione dei nuovi agenti del tutto insufficienti per far fronte alle sempre più difficili condizioni di lavoro. Si tratta complessivamente di provvedimenti solo paliativi come le misure per la semplificazione e velocizzazione delle procedure per concedere la libertà anticipata ai detenuti che ne abbiano il diritto, che per altro potevano essere definite da tempo. Sull’istituzione di un albo di comunità che potranno accogliere alcune tipologie di detenuti – come quelli con residuo di pena basso, i tossicodipendenti e quelli condannati per determinati reati – dove potranno scontare il fine pena, siamo in attesa di conoscere l’attuazione pratica e i risultati che saranno raggiunti. Quanto all’ incremento del numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili si prende atto che non si è capaci di contrastare la diffusione di telefonini. Troppo poco per dare risposte alle nostre sollecitazioni. Per questo non smobilitiamo e continueremo a vigilare e a tutelare il personale penitenziario che non ce la fa più a reggere il peso di responsabilità per conto dello Stato che, evidentemente, con il piccolo decreto pensa di aver dato soluzioni alle grandi e diffuse emergenze del sistema penitenziario”.