Dimensionamento scolastico si registra l’intervento di Francesco Malvasi, docente di ITAA Marconia e IIS Giustino Fortunato Pisticci. Di seguito la nota integrale.
Malvasi: “E’ partito l’assalto alla diligenza”.
Non è edificante lo spettacolo che parte della classe Dirigente e di non pochi Dirigenti Scolastici della Provincia di Matera stanno dando alle comunità sul tema “Piano di Razionalizzazione della Rete Scolastica per il triennio 2018/2021”; Il tutto perché una scuola possa continuare ad avere la Presidenza non debba scendere sotto il limite di 600 alunni; conseguenza logica che Amministratori comunali, Dirigenti e anche parte di docenti si sono attivati a mettere in sicurezza ciò che esiste e che caratterizza la rete scolastica sul territorio della Provincia, in alcuni casi l’attivismo è giustificato e risponde agli interessi collettivi. Il problema è meno avvertito nelle aree montane perché il limite è 400. Un altro modo di attivare guerra fra poveri e scatenare contrapposizioni anche all’interno di un territorio comunale (Vedi Pisticci). In buona sostanza anche a fronte di un preoccupante fenomeno di calo demografico e di spopolamento di alcune aree (il comune di Pisticci rispetto all’intera area Metapontina è quello che è colpito maggiormente da tali fenomeni) pochi si preoccupano di ripensare gli anacronistici limiti numerici regionali e nazionali e a delle deroghe anche a carattere sperimentale. Per la classe dirigente l’importante è mantenere lo status quo a prescindere… Poco importa se Montalbano vanta diritti di annessione su Craco Peschiera, poco importa a lor signori se l’attuale sistema della Rete Scolastica sia rispondente alle esigenze di un territorio nelle diverse articolazioni (tradizioni, economia, occupazione, indici demografici ed altro), l’importante è mantenere le cose come stanno; Sul Piano dell’Offerta Educativa e Formativa sicuramente non bene: lo dimostrano le Prove Invalsi, che sono un disastro, lo dimostrano i rapporti di autovalutazione, infine lo dimostrano e lo lamentano gli stessi fruitori del servizio scolastico, studenti e famiglie, che da tempo hanno percepito con chiarezza che la scuola pubblica così come è fatta sta perdendo il valore di pubblico a favore di quello privato con conseguenze negative sull’occupazione, sullo sviluppo e in special modo sul livello della formazione tecnico-professionale ed in generale sul livello d’istruzione. Se a ciò non si risponde in modo adeguato le comunità correrebbero il rischio, che nel giro di qualche decennio,in particolare quelle superiori potrebbero trasformarsi in “private” con tutti i riflessi che ogni comune mortale può immaginare e subire. E non solo, alcune piccole comunità si potrebbero trovare con un Sindaco eletto dal popolo e con un podestà (Dirigente) nominato dal potere politico. Che fare dunque? Anzitutto ripensando ed abbassando gli anacronistici limiti numerici, imposti anche dalla Regione, ed in secondo luogo potenziando concretamente e seriamente l’Offerta Formativa con Istituti che siano di vera eccellenza (non a chiacchiere, cicero pro domo sua) in grado di dare al territorio un’Offerta Formativa spendibile nei settori economici caratterizzanti il territorio stesso.
È necessario superare la logica della omologazione culturale e quella della istruzione e formazione tecnico-professionale ripartendo dal valore del lavoro, sia esso prevalentemente a carattere intellettuale, sia essoprevalentemente a carattere manuale.
Tale visione consolidata anche nei Paesi Anglosassoni comporta una diversa impostazione di concepire a attuare le riforme della scuola pubblica poiché al centro di queste viene posto il soggetto uomo e non il Dio denaro a differenza di quanto si sta consolidando, per volontà politica, nel nostro Paese dove il Preside è stato trasformato in manager, ovvero in un funzionario burocrate che oltre a “far tenere le carte a posto”, deve far quadrare i conti; che poi i conti quadrano a spese della qualità, dei servizi e del livello reale del sapere a questi importa poco o niente (cicero pro domo sua). Da qui come dicevamo “l’assalto alla diligenza” per mantenere numeri, per mantenere direzioni e amministrazioni ma non per istituirne delle nuove per meglio valorizzare le intelligenze, le vocazioni degli studenti e dei giovani; in una sola parola per valorizzare sempre di più il patrimonio umano nell’interesse preminente dell’occupazione e della crescita dei territori.
Gli eccessi campanilistici e non meno il carattere provincialistico che caratterizzano l’attuale confronto sulla scuola (segnali in questa direzione sono emersi anche nell’Assemblea del 10 u.s. a Marconia), ma anche le auto-esaltazioni su presunti caratteri di eccellenza di un Istituzione scolastica non fanno altro che far perdere di vista l’importanza innovativa e di prospettiva di quelle proposte che vanno aldilà dei freddi numeri e aldilà degli interessi di lobby consolidatesi soprattutto in seguito alla Riforma sulla Scuola voluta da Renzi.
Nel concludere un modesto invito agli addetti ai lavori a riflettere più che sul presente, sul futuro dei giovani, del territorio, inteso questo non come entità geografica, ma come risultato di processi storici culturali e politici.