Don Giuseppe Ditolve, parroco della Chiesa di San Giuseppe Lavoratore, in una nota contesta l’insediamento in Valbasento dell’azienda Exos. Di seguito la nota integrale.
Ci è giunta notizia che la Exos, azienda texana, ha manifestato al Comune di Pisticci ed alla Regione Basilicata l’intenzione di realizzare un proprio stabilimento in Val Basento. Questa manifestazione di intenti non è stata, però, accompagnata da alcuno studio progettuale né da alcun documento di precisazione delle finalità dell’azienda e delle lavorazioni che essa esegue. Abbiamo dovuto, pertanto, cercare informazioni sul web che, purtroppo, ci ha fornito dati estremamente approssimativi e superficiali: la Exos produce veicoli spaziali (razzi, a quanto pare) riutilizzabili, ma non sappiamo quale sia l’uso a cui tali veicoli siano destinati. Ignoriamo, inoltre, quali siano le materie prime da utilizzare, le tecniche esecutive, le lavorazioni che dovrebbero essere eseguite in Val Basento e/o se si ipotizza che da qui i razzi possano essere inviati nello spazio ed, eventualmente, con quali modalità. Per giunta nessuna indicazione è stata fornita dall’azienda in merito all’impatto dell’impianto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini, entrambi già fortemente compromessi dalle innumerevoli cause di inquinamento esistenti che hanno determinato la classificazione dell’area come SIN, ossia come una delle aree più inquinate del territorio nazionale.
Una così totale carenza di informazioni e mancanza di trasparenza da parte della Exos ci insospettisce fortemente e sembra ancor più inspiegabile se si tiene conto dell’entità dell’operazione economica che, da quanto riportato dalla stampa, ammonterebbe a ben 74 milioni di dollari di cui 24 in “sovvenzioni” (di che tipo? da parte di chi? forse a valere sul Recovery Fund?) e 50 di prestiti garantiti da Invitalia (agenzia statale) a basso interesse. Sembrerebbe, dunque, che i costi dell’operazione siano in massima parte a carico dello Stato Italiano (ossia dei cittadini italiani); l’azienda, oltre a garantirsi la titolarità degli utili, usufruirebbe anche delle agevolazioni fiscali previste per la Zona Economica Speciale. Un grosso affare per la Exos, ma sarebbe davvero positivo, tutto questo, per la regione Basilicata e per i cittadini lucani? E siamo certi che i 200 posti di lavoro promessi diventino poi una realtà effettiva? Abbiamo ancora memoria di quanto accadde dopo il terremoto del 1980 quando, grazie ai cospicui finanziamenti per la ricostruzione, molte ditte del nord ed estere si precipitarono nelle zone del cratere e realizzarono aziende fantasma al solo scopo di acquisire macchinari e materiali che vennero poi portati nelle sedi di provenienza lasciando in Basilicata capannoni vuoti e speranze deluse. Oggi ci sono tutte le condizioni perché quella storia possa ripetersi ed è necessario che politici ed amministratori valutino con grande attenzione la trasparenza delle proposte che, senza dubbio, giungeranno numerose.
Inoltre oggi è indispensabile essere certi che tali proposte siano realmente compatibili con le vocazioni e le caratteristiche della nostra regione: non è possibile lanciarsi ancora una volta in un’impresa al buio solo per il miraggio dei posti di lavoro. Abbiamo gia’ l’esperienza del disastro petrolifero!
Perchè un’azienda come la Exos sceglie la Basilicata come sede delle proprie attività? Credo che serva un contesto fortemente evoluto sotto l’aspetto scientifico e tecnologico per impiantare un’azienda simile; in assenza di tali condizioni, si rischia che nel nostro territorio regionale vengano fatte solo le lavorazioni più “sporche” ed ambientalmente dannose.
Ne’ va sottaciuta un’altra importantissima riflessione: a cosa servono i missili prodotti dalla Exos? Forse fra i loro possibili usi esiste anche quello bellico? Sono il primo a sperare che nella Valbasento ci sia sviluppo economico con aziende e posti di lavoro ma, se quest’ipotesi dovesse essere veritiera, preferisco che si perdano questi 200 ipotetici posti e che si salvaguardi la dignità umana senza sporcarsi le mani: meglio guadagnarsi il pane aspettando e non sporcarsi la coscienza costruendo armi e producendo ancora guerre con odio e violenza. Naturalmente c’è aria di campagna elettorale, ma faccio comunque appello a voi che governate e che vi accingete a farlo; dimenticate il vostro colore politico e ricordatevi di appartenere ad un unico colore: produrre il bene e non il male.
Ed allora atteniamoci alla legge n.185 che nel 1990 ha introdotto “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.
Se da noi si insediassero attività belliche sarebbe una sconfitta per tutti e non un traguardo. Avremmo sulla nostra coscienza morti che ci chiederanno conto delle nostre azioni. Siamo chiamati al coraggio della pace e alla denuncia della follia degli armamenti. Come non gridare allo scandalo per il bilancio annuale Nato che impegna miliardi di dollari a fronte di una situazione mondiale segnata da ingiustizie sociali e devastazioni ambientali causate dai vari conflitti e dagli esperimenti nucleari? Come sta succedendo per la vita sociale del nostro Paese, anche a livello internazionale si alimenta la paura e si giustificano gli enormi investimenti per le armi e la guerra. Pensiamo al grande affare della vendita di armi all’Egitto, dove è stato torturato e ucciso Giulio Regeni e dove Patrick Zaki è ancora in carcere, come tanti innocenti perseguitati. Penso a quanti altri Paesi ricevono armi prodotte in Italia, e sono anche Paesi in guerra o che violano i diritti umani. Penso allo Yemen, ricordato dal Papa all’Angelus del 1 gennaio 2021, e alle tante vittime innocenti di quel Paese bombardato dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita con le bombe prodotte dalla tedesca Rwm in Sardegna e vendute dall’Italia. Penso alle tante bombe nucleari presenti sul territorio italiano, a Ghedi e ad Aviano. Penso alle nuove bombe nucleari B61-12 che dovrebbero arrivare prossimamente e per le quali è indispensabile il progetto degli F-35. E ricordo che uno solo di questi aerei costa oltre 130 milioni di euro. Di fronte a questo quadro di guerre, bombe e armi dobbiamo ripetere: non possiamo familiarizzare con progetti di violenza! <Quando tanti popoli hanno fame, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile> (Paolo VI, 1967, Populorum Progressio n.53)». Concludo con l’avvertimento che ci ha rivolto Papa Francesco a Pasqua 2020: «Non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone e salvare vite».