Scoprire e rilanciare le antiche ricette dei territori rurali con prodotti di stagione appena raccolti e subito cucinati, valorizzare il protagonismo delle donne dell’agricoltura depositarie dei saperi contadini, creare un rapporto diretto fra produttore e consumatore anche a tavola, offrire nuove occasioni di reddito alle aziende agricole “rosa” e contribuire alla difesa dell’ambiente accorciando la filiera e “sfruttando” tutte quelle produzioni locali che necessitano di minori quantità di combustibili fossili per essere prodotti e trasportati. Sono questi gli obiettivi dell’AgriCatering, la nuova attività ideata da Donne in Campo-Cia che prevede l’offerta di servizi di catering a filiera corta, dove tutto nasce direttamente dal lavoro nei campi senza intermediazioni.
Il progetto, presentato oggi a Roma nella sede della Cia nazionale, ha come testimonial-protagonista Matilde Iungano, presidente lucana di Donne in Campo ed esperta in “cucina contadina”, coordinatrice di laboratori della cucina rurale e di azioni legate ai Menù della Via Herculea.
Innovare in agricoltura – spiega Iungano – significa recuperare la tradizione che costituisce la base per rielaborare e creare innovazione. Gli antichi prodotti dei territori e la loro storia”, con l’obiettivo di valorizzare il legame tra i prodotti di un territorio e i popoli che li hanno generati, il loro ambiente naturale, le loro abitudini e le loro tradizioni. Far riemergere questi saperi significa rivitalizzare le culture di un territorio per riappropriarsene e riattualizzarle, per innovare e ideare il futuro. La sapienza delle donne, il loro saper prendersi cura della terra, della fertilità dei suoli, della salute dell’ambiente, dell’acqua e dell’aria incontra anche lo slogan di Expo 2015: Nutrire il Pianeta, energia per la vita, laddove nutrire significa anche ricreare un rapporto armonioso tra le genti e il loro territorio, rendere viva la consapevolezza che la salubrità della vita dipende dalla qualità e dal rapporto con il cibo che quotidianamente consumiamo. E i nostri prodotti tradizionali, per qualità nutrizionali, facilità di produzione e per il legame identitario con il territorio e l’ambiente di appartenenza li rende testimonianza del passato ma anche speranza e indicazione per il futuro.
L’AgriCatering è già partito in via sperimentale in Toscana e in Basilicata, ma ora lo scopo è di creare una vera e propria “rete” nazionale, tramite le associazioni territoriali di Donne in Campo, presenti su tutto il territorio italiano. E per fare questo, le imprenditrici agricole della Cia si sono già dotate di un regolamento ben preciso, un marchio “ad hoc” e un rigido disciplinare.
“I prodotti agricoli impiegati nell’attività di Agricatering -recita il disciplinare- devono provenire prevalentemente dall’impresa, singola o associata, beneficiaria del marchio e dal territorio un cui essa opera”, proprio perché “Donne in Campo promuove un modello di catering coerente con il territorio agricolo produttivo e con l’identità degli spazi rurali e caratterizzato da un forte contenuto di autenticità e da un robusto legame con solide tradizioni e usanze”. Anche per questo, si legge ancora nel disciplinare, “le imprese agricole beneficiarie del marchio devono proporre ricette della tradizione del territorio di riferimento, offrendo in particolare quelle legate alle culture rurali e alla biodiversità locale”. Inoltre, nei Menù si deve specificare sia “la provenienza dei prodotti, i tipi di produzione, la stagionalità degli alimenti e i requisiti del servizio (cottura forno a legna ecc.)” che “il risparmio energetico e di combustibili fossili dovuti alle minori distanze e alla stagionalità dei prodotti e l’utilizzo dei materiali usati nell’effettuare il servizio di catering: suppellettili lavabili o in materiali biodegradabili”.
L’AgriCatering, ha spiegato la presidente nazionale di Donne in Campo Mara Longhin nel corso della conferenza, “porta con sé molteplici vantaggi: offrire ai clienti di rinfreschi e buffet, feste ed eventi, prodotti locali e di stagione, soprattutto quelli dimenticati o a rischio, contribuire alla tutela della biodiversità; avere una funzione anche educativa e culturale nei confronti dei consumatori, soprattutto dei giovani, che avranno l’opportunità di conoscere ricette e sapori contadini forse nemmeno mai conosciuti; nonché valorizzare le competenze e le capacità creative delle donne dell’agricoltura, che combattono la crisi creando una nuova forma di integrazione al reddito agricolo”.
Insomma “le donne, ancora una volta, in un momento economico difficile, creano innovazione nella tradizione -ha aggiunto Longhin-. Creano ‘l’AgriCatering Donne in Campo’ per continuare a rimanere legate alla loro terra portando a tavola i suoi frutti e parte di se stesse e della loro identità”. Tra l’altro, proprio “la convivialità rappresenta il processo con cui l’agricoltura condivide la sua quasi invisibile capacità di portare quel benessere di cui oggi si avverte la necessità: l’armonia dei sensi, il sapore della vita e della semplicità, la gioia della condivisione, l’arte del non superfluo”.
“Le donne che fanno e faranno Agricatering -ha ribadito il presidente della Cia, Dino Scanavino, chiudendo la conferenza di presentazione- non porteranno sulle tavole solo del buon cibo, ma anche le tradizioni e le culture dei territori di provenienza”. E “i prezzi saranno in linea con quelli proposti dai servizi di catering convenzionali di buon livello, ma l’AgriCatering, utilizzando prodotti a ‘filiera cortissima’, potrà beneficiare di un vantaggio competitivo che riverserà, in valore, dentro la qualità degli alimenti nel piatto. Insomma, prodotti ai più alti standard qualitativi, garantiti dall’agricoltore stesso che li ha coltivati -ha chiosato Scanavino-. Crediamo in un buon risultato di questa idea, sperando che l’eccesso di burocrazia, che spesso ostacola i processi imprenditoriali in agricoltura, non vanifichi il nostro lavoro”.
Due – afferma ancora Iungano – sono gli oggetti che evocano per me il mondo rurale: la grattugia, che porta con sé anche un aspetto rievocativo in quanto, da alcuni antichi manoscritti, risulta che veniva data in dote alle spose delle famiglie benestanti, e la madia, dove si faceva e si conservava il pane, espressione del legame del contadino con la tradizione e incontro tra la produttività della terra e la capacità contadina di trasformare. Pensando, invece, ad una ricetta antica, anzi piuttosto ad un ingrediente che incarna di per sé la tradizione gastronomica lucana, penso al peperone crusco: caratteristico del nostro territorio, il cui uso in diverse pietanze tradizionali conferisce loro quel carattere di unicità e di appartenenza ad uno specifico ambito territoriale.