Dopo il primato in Europa dell’anno scorso sulla sicurezza alimentare, con il numero di prodotti agroalimentari con i residui più bassi, l’Italia migliora ancora: i residui chimici oltre il limite calano da un già basso 0,3 per cento ad addirittura uno 0,2%. Tali risultati sono 9 volte inferiori a quelli della media europea, che peggiora, passando dall’1,6% di irregolarità dello scorso anno all’1,9% e addirittura oltre di 32 volte inferiori a quelli extracomunitari (6,5 per cento di irregolarità). E’ quanto emerge da una elaborazione della Coldiretti sulle analisi condotte dall’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, pubblicate nel Rapporto annuale sui residui di pesticidi negli alimenti, e sulla base del piano coordinato europeo dei controlli sui residui fitosanitari. Secondo i dati contenuti nel rapporto un prodotto su due che circola nel Vecchio Continente è – sottolinea la Coldiretti – completamente privo di “tracce” di residui chimici da fitofarmaci mentre il 98,1 per cento dei campioni esaminati presenta residui entro i limiti, con la percentuale che sale addirittura al 99,8 per cento nel caso dell’Italia che conquista il primato e scende al 93,5 per cento per la media dei Paesi extracomunitari.
L’Italia non ottiene per caso la palma d’oro: vedendo calare da oltre 15 anni consecutivi l’uso dei fitosanitari ad uso agricolo, come reso noto dagli ultimi dati Istat disponibili. Nel 2012, la quantità dei prodotti fitosanitari distribuiti per essere utilizzati nella protezione delle coltivazioni agricole risulti in calo del 5,7% rispetto all’anno precedente e addirittura del 19,8% se confrontandosi con il 2002. Inoltre, diminuisce sia la quantità di prodotti nocivi, sia di quelli molto tossici e tossici (rispettivamente del 15,6% e 3,8%). Si riduce anche la quantità dei principi attivi consentiti in agricoltura biologica e contenuti nei prodotti fitosanitari (-8% rispetto al 2011). La contrazione dei principi attivi, insieme con quella dei formulati che li contengono, determina anche una riduzione nella concentrazione delle sostanze attive contenute nei prodotti fitosanitari, che, rispetto al 2011, scende dal 49,6 al 46,1%.
Per le analisi Efsa ha usato il sistema di analisi cumulativa del rischio introdotto l’anno scorso, che consente di valutare insieme gli effetti combinati di una esposizione incrociata a diversi agenti chimici che hanno proprietà tossicologiche simili. Il risultato – sostiene la Coldiretti – è incoraggiante per i produttori agricoli italiani che vedono così premiato il loro impegno per garantire la qualità e la sicurezza alimentare ma preoccupa per la crescente flusso di importazioni di prodotti alimentari dall’estero, spesso a basso costo e con minori garanzie, favorito dalla crisi.
Secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes la produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio Made in Italy. Nello specifico secondo una analisi della Coldiretti viene dall’estero ben il 40 per cento del frumento duro utilizzato per produrre la pasta, il 60 per cento il frumento tenero per produrre il pane, il 40 per cento della carne bovina, il 35 per cento della carne suina da consumare fresca o da trasformare in salumi e prosciutti e il 45 per cento del latte per prodotti lattiero caseari. Tra l’altro nel 2012 – precisa la Coldiretti – sono stati importati dalla Cina oltre 80 milioni di chili di pomodori conservati destinati con la rilavorazione industriale a trasformarsi magicamente in prodotti Made in Italy.
“Una situazione resa possibile dalla mancanza di trasparenza nell’informazione dovuta ai ritardi accumulati nell’introdurre l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza degli alimenti per effetto della pressione delle lobby nonostante sia ritenuto importante dal 71 per cento dei cittadini europei secondo Eurobarometro” ha affermato il Presidente Regionale della Coldiretti di Basilicata Piergiorgio Quarto. Ad oggi è obbligatorio indicare l’origine in etichetta per la carne bovina ma non per quella di cavallo, agnello, coniglio o maiale fresco o trasformato in salumi, per il latte fresco ma non per quello a lunga conservazione o i formaggi, per la passata di pomodoro ma non per il concentrato o i sughi pronti, per la frutta fresca ma non per quella conservata o per i succhi, né tantomeno per il grano impiegato nella pasta.
“Un invito quindi a consumare prodotti italiani, che aiutano la nostra salute e la nostra agricoltura” continua Quarto. “Da segnalare anche il recente invito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a consumare cibi freschi come frutta, verdura, carni bianche, pesce, cereali, frutta secca e legumi. Tutti alimenti che, oltre a garantire un basso apporto di sodio utile per combattere l’ipertensione, aiutano anche a tenere sotto controllo il colesterolo cattivo. Maggiore attenzione anche alle etichette dei cibi acquistati in particolare non solo alle calorie complessive, ma anche ai livelli di sodio che molto spesso dipendono dalle metodologie di conservazione dei prodotti”.
Giu 14