USb in FCA fa proprie le parole del comitato operaio per la sicurezza dello stabilimento di assemblaggio di Sterling Heights (FCA di Detroit). Di seguito la nota integrale.
“Fermare la produzione per fermare il contagio”, un monito che va oltre gli Stati Uniti, un messaggio rivolto ai lavoratori di tutti i paesi.
L’esplosione della seconda ondata ha certificato quanto poco sia arginabile questo virus.
I DPCM, e poi i Comitati di Sicurezza interni alle fabbriche italiane, istituiti a seguito della prima fase pandemica, con l’obbiettivo di continuare le produzioni e garantire un’improbabile messa in sicurezza dei lavoratori da possibili contagi, hanno avuto l’unico compito di smorzare la rabbia e la preoccupazione dei tanti lavoratori che non ci stavano a rientrare nei capannoni.
Nella prima fase della pandemia grazie alle lotte spontanee partite in molte aziende e industrie su tutto il territorio nazionale, come alla Sevel di Atessa, si è esercitata una forte pressione che chiedeva la chiusura delle produzioni non essenziali, la tutela della salute pubblica, la garanzia del salario e dell’occupazione.
Oggi, nonostante gli indici di contagio elevati, le zone rosse e arancioni, le aziende lavorano a pieno ritmo e cresce il numero dei contagiati tra i lavoratori, gli stabilimenti FCA italiani contano centinaia di dipendenti contagiati e il numero è destinato inevitabilmente a salire nelle prossime settimane se non si interverrà.
Dati che attestano l’inadeguatezza dei Comitati aziendali per la sicurezza, a questo si aggiungono DPCM tesi a mantenere le aziende aperte e cosa ancora più grave il collasso del sistema di tracciamento, monitoraggio dei contagi che lascia i lavoratori drammaticamente esposti alla virulenza della seconda ondata del Covid19.
Chiunque ,come USB, abbia provato ad avanzare proposte alternative ai fumosi protocolli utilizzati in FCA, si è scontrato con il sistema aziendale, sposato dalle altre organizzazioni sindacali e con l’inadeguatezza degli enti preposti.
USB ha chiesto per mesi, inascoltata, la sanificazione di tutti i capannoni così da garantire ambienti più sicuri.
Ha chiesto, senza ricevere risposta, che venissero effettuati i tamponi a tutti i lavoratori, in modo da individuare e fermare tempestivamente gli asintomatici.
Abbiamo più volte chiesto di verificare la catena dei contatti dei contagi, la qualità e il numero delle mascherine fornite, l’igienizzazione e la sanificazione ad inizio turno, l’affollamento dei mezzi di trasporto pieni e la tempestività delle informazioni e delle disposizioni a seguito di un caso accertato. Sono tutti aspetti su cui riteniamo insufficienti le misure adottate, che hanno trasformato gli stabilimenti FCA in vere e proprie bombe ad orologeria.
Come sindacato continueremo a segnalare e denunciare le inefficienze di questo sistema, con la stessa determinazione che ci ha contraddistinto fino ad oggi, con la consapevolezza però che la situazione attuale si può affrontare e superare soltanto fermando le produzioni non essenziali.
Le regioni sono diventate zone rosse anche perché il virus è circolato e continua a circolare indisturbato tra le migliaia di lavoratori che quotidianamente affollano le tante zone industriali.
Mettere in sicurezza i lavoratori che producono beni non essenziali, restare a casa a salario pieno, metterà in sicurezza anche il resto della popolazione.
Lunedì , 23 Novembre 2020
Coordinamento Nazionale USB FCA