Il timore di contagio; il numero ancora alto di lavoratori in smartworking; la propensione al risparmio: sono i tre fattori che frenano le attività di ristorazione ancora in grandi difficoltà nelle prime tre settimane dalla riapertura con cali del fatturato che si attestano da noi in media oltre il 65% (media nazionale circa il 50%). Dunque, incassi più che dimezzati rispetto al periodo pre-Covid. Ecco quanto emerge dall’indagine condotta dal Centro Studi di Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, aderente a Confcommercio per analizzare l’andamento oltre che dei ristoranti anche di pub e bar in questo primo periodo della fase 2. Per i bar il calo di fatturato è solo di 3-4 punti percentuali migliore rispetto ai ristoranti.
Dunque, poche luci e tante ombre a tre settimane dalla riapertura. Il 94,9% dei bar e l’89,4% dei ristoranti risultano in attività mentre rispettivamente il 3,1% e il 7,3% sono in procinto di farlo. Il 2% dei bar e il 3,3% dei ristoranti dichiarano di restare ancora chiusi anche nel prossimo futuro. Pur in presenza di un miglioramento del sentiment degli imprenditori sull’andamento dell’attività (9,9% della 1 settimana contro il 17,2% della terza), più della metà degli intervistati (circa 54%) dà ancora un giudizio fortemente negativo e meno della metà degli intervistati (46,1%) si dichiara soddisfatto di aver riaperto. Forte incertezza anche sul futuro: il 66,5% ritiene che non riuscirà a tornare ai volumi di attività pre-Covid. Per il 53,5% delle aziende intervistate a mancare sono soprattutto i turisti, in particolare stranieri, ma il restante 46,5% lamenta anche la mancanza di clientela residente.
Il focus dell’indagine si è poi spostato sugli aiuti messi in campo dalle istituzioni, con particolare riferimento ai prestiti garantiti previsti dal DL liquidità. Il 65,1% delle aziende ha fatto ricorso a questa misura, il 51,7% per un importo fino a 25.000 euro, il 13,4% per un importo oltre i 25.000 euro. Tuttavia solo il 56,8% ha già ottenuto il prestito richiesto.
“Il bilancio a tre settimane dalla riapertura conferma tutte le nostre preoccupazioni sulla capacità di tenuta delle imprese dinanzi ad una ripartenza difficile e per molti aspetti attesa. Con un simile calo del fatturato – dichiara il vicepresidente Aldo Cursano – nessuna impresa riuscirà ad andare avanti a lungo senza misure di sostegno sul versante dei costi e senza una robusta capacità finanziaria. Per questo stiamo continuando a chiedere interventi sul costo del lavoro, su canoni di locazione e Imu e sulle scadenze fiscali in attesa che la domanda torni ad un livello che permetta alle imprese di reggersi sulle proprie gambe”.
Per Fipe-Confcommercio, inoltre la campagna“Compra lucano! Mangi sano e dai una mano” non deve limitarsi a produttori agricoli ed esercizi pubblici ma coinvolgere i ristoranti. L’invito a portare in tavola la Basilicata rurale – che è il messaggio centrale della campagna promozionale – non può prescindere dai tavoli dei ristoranti ai quali i nostri imprenditori e chef non da oggi portano piatti cucinati con i prodotti tipici e di qualità dei nostri territori. Per questo e soprattutto per venire incontro ai costi più elevati rispetto ai prodotti degli ipermercati e di provenienza estera, soprattutto in questa fase di calo della clientela, auspichiamo l’istituzione di un fondo di contributi che completi gli aiuti alla filiera agroalimentare lucana. Un’altra misura necessaria che chiediamo alla Regione è l’incremento di contratti di apprendistato e di formazione-lavoro per il nostro personale che ci aiutino a ridurre i costi anche previdenziali-contributivi di chef, personale di cucina e di sala.
Giu 13