“Conoscere il piano industriale dello stabilimento di Melfi della Barilla che, grazie ad investimenti per 9 milioni di euro, intensificherà la produzione della focaccella (focaccia ligure) non può fare molto piacere alle migliaia di agricoltori lucani dei 9 prodotti Dop, Igt e Stg (escluso i vini) riconosciuti dall’Ue. E’ evidente che il modello di industria alimentare che abbiamo in mente noi è un altro: quello che valorizzi i prodotti e gli alimenti tipici del territorio di produzione”. E’ il commento di Antonio Nisi, presidente regionale della Cia-Confederazione Italiana Agricoltori al programma per Melfi della multinazionale alimentare di Parma. “In proposito, con tutto il rispetto dovuto per l’occupazione realizzata a Melfi – aggiunge Nisi – chiediamo al management Barilla di conoscere la provenienza dell’olio extravergine di oliva e della farina utilizzati per la focaccella. E’ evidente che senza un’industria di trasformazione dei nostri prodotti agricoli non si fanno passi in avanti specie per supportare gli sforzi delle nostre aziende a competere sui mercati. Il Made in Italy agroalimentare e con esso il made in Basilicata hanno un grande potenziale: esso conquista l’estero e nel 2013 l’Italia ha segnato un record nel valore delle esportazioni agroalimentari a 34 miliardi di euro per effetto dell’aumento del 7 per cento delle esportazioni. Dunque tradizione ed innovazione possono rappresentare la chiave di svolta per il rilancio del comparto agroalimentare lucano che per l’export continua a dare segnali incoraggianti: oltre 16 milioni di euro al terzo trimestre 2012 e più 2,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente sono una buona base di partenza. Abbiamo un potenziale enorme che – aggiunge Nisi – non a caso è indicato dal Rapporto Censis come “energia positiva”, tenuto conto che la quota dell’export alimentare del “made in Basilicata” è appena dello 0,1% dell’ammontare complessivo delle Regioni del Sud e che la tendenza del “mangiare italiano”, nonostante la crisi dei consumi, è comunque positiva con 25 miliardi di fatturato nel 2012. Tanto più che l’unica del “made in Basilicata” che tira rispetto ad auto (Fiat) e salotti”.
Per la Cia ”si tratta di un primato che conferma ancora una volta l’eccellenza dell’agroalimentare ‘made in Italy’ rispetto ai nostri competitor piu’ agguerriti”, che pero’ avverte: ”si puo’ fare molto di piu’ per sviluppare il segmento: da un lato serve piu’ promozione a sostegno dei nostri prodotti a denominazione meno conosciuti; dall’altro occorre intensificare la lotta alla contraffazione alimentare, che ogni anno ”scippa” alle nostre imprese di qualita’ oltre 1 miliardo”.
Nel dettaglio la situazione lucana prodotti Dop, Igt e Stg (escluso i vini): formaggi – 2 dop e 1 igp; ortofrutticoli e cereali – 2 dop e 2 igp; olio extravergine di oliva, 1 dop; altri prodotti, 1 igp. I produttori lucani interessati sono 96 (erano 65 nel 2011) per una superficie di 157,14 ettari; 37 gli allevamenti (di cui 15 suinicoli per 30mila capi) ; 40 i trasformatori, 45 gli impianti di trasformazione per complessivi 129 operatori.