Con la ripartizione dei fondi per la riconversione industriale e la riqualificazione delle aree di crisi semplice e complessa (in base alla legge 181/89) secondo quanto prevede il decreto 31 gennaio scorso firmato dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sono in arrivo 124 milioni di euro destinati ai programmi di investimento che beneficeranno delle agevolazioni nelle aree di crisi industriale non complessa. Di questo pacchetto 44 milioni di euro sono riservati agli interventi disciplinati da Accordi Programma.In Basilicata sono 44 i Comuni individuati con dgr della Regione n.1238 del 7 novembre 2016 ricadenti in aree di crisi semplice vale a dire che presentano impatto significativo sullo sviluppo e l’occupazione.
Per la UIL il tema delle aree di crisi complesse e semplici necessita di interventi per garantire, laddove possibile continuità occupazionale, oppure misure di sostegno al reddito anche oltre i limiti massimi previsti dalle norme, unitamente alla presa in carico da parte dei centri per l’impiego e all’offerta di misura di politiche attive mirata alla riqualificazione e rioccupazione.
Occorre, in primo luogo, ridisegnare una politica dei “fattori” o, in altri termini, un progetto che sappia favorire e rilanciare quelle precondizioni utili, da un lato, ad attrarre investimenti nel nostro Paese e, dall’altro, a favorire lo sviluppo del nostro apparato produttivo. Da questo punto di vista è necessario concentrarsi sulla competitività dei territori e rimuovere i freni agli investimenti e allo sviluppo. Altrettanto importante è poi il rilancio del marchio “Made in Italy”, ovvero il “fatto in Italia”, al fine di valorizzare tutte le eccellenze del nostro Paese: dal turismo alla moda; dall’agroalimentare all’automotive; dall’arredamento all’elettronica; dalla ceramica all’aereoaspaziale. In secondo luogo occorre riportare al centro del dibattito politico il tema dello sviluppo del Sud del Paese.
Secondo la Uil la cosiddetta rivoluzione industriale 4.0, densa per l’Italia di opportunità e possibilità concrete per affrontare le sfide competitive del mercato globale, richiede un rinnovato sistema di relazioni sindacali che metta al centro la “persona”. Anche attraverso nuove forme di partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori, basate su percorsi formativi specifici che sappiano accrescere e valorizzare le competenze delle individualità operanti in azienda.
E’ necessaria, inoltre, una forte politica di rilancio dello sviluppo del Sud in grado di riequilibrare le tuttora esistenti e importanti differenze territoriali che caratterizzano il nostro Paese. Ciò significa, costruire un piano, con un’anima politica e sociale, contenente proposte concrete e operative di breve e medio periodo per il rilancio dell’economia dell’Italia tutta, ma che preveda, al suo interno, una maggiore intensità di aiuti e di risorse da destinare al Sud. Per questo è fondamentale accelerare, oltre la spesa dei fondi comunitari già allocati, la programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione e dei Programmi Operativi Complementari da parte del CIPE.
Quando si discute della più generale impostazione della politica industriale non è poi secondario il ruolo delle Regioni non solo per le competenze dirette ed indirette in materia di sviluppo economico e di incentivi al sistema produttivo, ma anche per promuovere una nuova politica industriale integrata con le politiche regionali. In questo contesto è importante come le stesse Regioni programmino gli interventi a valere sulle risorse nazionali ordinarie con quelle comunitarie del Fondo di Sviluppo Regionale (FESR), per i prossimi anni, considerando il fatto che quest’ultimo ha una dotazione di oltre 32,6 miliardi di euro.
In quest’ottica, la Uil ritiene che sia necessario non solo rilanciare la produttività del lavoro attraverso un nuovo modello di relazioni industriali ma anche intervenire sui deficit di produttività sistemici che purtroppo caratterizzano il nostro Paese. Tradotto, occorre agire sulle cosiddette esternalità del mondo produttivo, cioè le condizioni collaterali e di contesto che possono rendere la vita economica del nostro Paese più fluida e dinamica.
Se sono questi i confini all’interno dei quali è necessario muoversi per rilanciare la produttività del nostro sistema Paese e, di conseguenza, far ripartire la produzione e l’occupazione, la Uil propone di costituire un rinnovato patto tra l’insieme delle componenti presenti nella nostra società. Una “Alleanza di sistema”, all’interno della quale tutti gli attori del nostro tessuto produttivo – in particolare sindacato, aziende e Governo- possano dare il proprio contributo in un’ottica d’inclusività e di messa in comune delle energie sane di cui l’Italia dispone.
Feb 09