Abbiamo letto sulla stampa quanto dichiarato dall’Assessore Latronico in merito al finanziamento di ben 31 interventi in 29 Comuni con i fondi derivanti dal PNRR, tesi a migliorare la gestione dei rifiuti attraverso la meccanizzazione della raccolta differenziata e la creazione di ulteriori strutture per il trattamento dei rifiuti stessi. Da quello che leggiamo, i progetti dovranno essere messi a gara, appaltati e realizzati entro il 31 dicembre 2026. Partendo dall’assunto che nei comuni manca il personale con le competenze tecniche e amministrative necessarie, questa sarà un’impresa a dir poco titanica.
Per quanto riguarda la meccanizzazione e le infrastrutture a sostegno della raccolta e dello spazzamento ben vengano, però bisogna tenere presente che il settore si caratterizza per essere un settore “labour intensive” in cui la “fatica” è reale e i lavoratori rappresentano la colonna portante del servizio; senza di loro non esisterebbe la raccolta differenziata. A questo si aggiunga che il settore si caratterizza per elevati livelli di frammentazione e disomogeneità dei soggetti gestori del servizio. Si va dalle municipalizzate, alle grandi imprese e per finire alle piccole aziende a conduzione familiare, in cui gli operatori hanno spesso contratti di lavoro part time. Far applicare il contratto di settore in una situazione così disomogenea è un percorso tutt’altro che sgombro da ostacoli. Ecco perché gli investimenti devono anche tutelare i lavoratori nella riorganizzazione e nel cambio appalto.
Alla luce degli interventi previsti il Piano regionale dei rifiuti andrebbe rivisto affinché vi sia una reale integrazione del settore dei rifiuti nell’economia circolare. Quindi un cambio di passo da settore a sistema. Per dirla in altri termini, occorrono scelte che vadano verso la piena gestione e chiusura del ciclo dei rifiuti all’insegna del recupero, riciclo e riuso del rifiuto. Un primo passo è stato già fatto dall’Egrib, che ha definito l’intero territorio regionale della Basilicata come unico Ambito Territoriale Ottimale. Qui però si pone un grande problema. I suddetti progetti finanziati dovranno essere calati in quella che è la situazione attuale: oggi abbiamo 2 impianti per il trattamento della frazione secca, uno è il Cementificio di Matera, l’altro è l’impianto di Melfi gestito da Rendina Ambiente. A questi impianti dovrebbero aggiungersi altri 3 impianti per il trattamento della frazione umida. Uno a Venosa, l’altro a Colobraro e il terzo a Potenza. Orbene, stante le dimensioni della nostra regione, nasce spontanea una domanda: i suddetti impianti saranno economicamente sostenibili? Qualche dubbio è lecito. Per questo vi è la necessità di fare una seria riflessione sulla previsione di nuovi insediamenti impiantistici, anche alla luce della vocazione turistica della nostra regione. Se nuovi impianti dovranno essere costruiti questi dovranno essere di dimensioni ridotte, compatibili con l’ambiente, innovativi e posizionati secondo criteri oggettivi e trasparenti e soggetti a un forte controllo pubblico che inevitabilmente deve essere svolto dall’EGRIB in quanto Ente preposto al governo dei rifiuti. A maggior ragione dopo l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2023 del TQRIF ovvero il Testo unico per la regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani, voluto da Arera che segna l’avvio di un iter regolatorio pensato per condurre il settore verso un miglioramento generalizzato della qualità grazie ad un quadro di regole comuni. Pertanto alla luce delle novità che stanno interessando il settore sarebbe opportuno che la Regione, che ha l’onere e l’onore di pianificare gli interventi del PNRR, istituisca un tavolo permanente con tutti i soggetti interessati per affrontare le tematiche del settore ad iniziare dalla dotazione impiantistica. Solo così si potrà avere una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti con una ricaduta in termini di costi/ benefici per la collettività.