Una buona politica sanitaria si pone l’obiettivo di garantire a tutti l’accesso senza discriminazioni ai servizi di prevenzione, cura e riabilitazione che devono essere sicuri, economici, efficaci e di qualità, prestando attenzione a che l’uso di questi servizi non esponga le persone, in particolare i gruppi più poveri e vulnerabili, a un aggravio economico. Diritti non garantiti nel nostro Paese, specie nel Mezzogiorno e in Basilicata. Per questi motivi scenderemo in piazza il 20 maggio per la manifestazione nazionale “Adesso basta” indetta dalla Cgil unitariamente alla Uil.
Come sindacato riteniamo che un incremento di 3 miliardi per il 2024 nella Legge di Bilancio (e poi di 4 e 4,2 miliardi rispettivamente per 2025 e 2026) non solo è assolutamente inadeguato a rispondere ai bisogni urgenti della sanità pubblica, come peraltro rimarcato sia dalla Corte dei Conti che dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, ma non è sufficiente neanche a compensare gli effetti dell’inflazione e dovrebbe coprire anche i rinnovi contrattuali del personale e le ulteriori nuove spese vincolate (per liste di attesa, privato convenzionato, prestazioni aggiuntive, ecc.). Allarmante il rapporto tra Fondo Sanitario Nazionale e PIL destinato a toccare il valore più basso degli ultimi decenni. Purtroppo, non cambia lo scenario con le scelte che il Governo ha prefigurato nel DEF 2024, dove si aggrava l’inadeguatezza dell’incidenza della spesa sanitaria sul PIL che dal 6,4% di quest’anno, valore già molto basso, scenderà ulteriormente fino al 6,2% per il 2027. Totalmente sbagliate anche le scelte fatte con la Legge di Bilancio 2024 sul personale: alla carenza di medici e infermieri, a salari inadeguati e a tempi di attesa da ridurre, non solo si conferma il tetto alla spesa sul personale, ma il Governo sembra non avere nessuna strategia se non quella di far lavorare di più con prestazioni aggiuntive, dunque ricorrendo al “cottimo” in sanità. Si innalzano invece i tetti alla spesa farmaceutica, così come i tetti di spesa per acquisti di prestazioni da privati a cui saranno destinati 1,2 miliardi di euro in più nel triennio: un ulteriore trasferimento alla sanità privata verso cui si dirottano sempre più risorse. In questo scenario, anche la rimodulazione della Missione 6 del PNRR si è tradotta in tagli, con 312 Case della Comunità (pari al 23% del totale), 93 Ospedali di Comunità (23%), 120 Centrali Operative Territoriali (20%), 1.178 posti nelle terapie intensive (23%), 25 interventi antisismici negli ospedali (23%) la cui realizzazione non più finanziata dalle risorse del PNRR, viene dirottata sul Fondo per l’edilizia sanitaria (articolo 20, Legge n. 67/88). Si tratta dunque di un pesante definanziamento di 1,2 miliardi a carico delle Regioni che hanno sonoramente bocciato il decreto minacciando, in caso di mancato rifinanziamento, “iniziative anche giurisdizionali a tutela delle programmazioni già avviate” come il ricorso alla Corte Costituzionale. Ai tagli che colpiscono direttamente le Regioni, va aggiunto un ulteriore taglio di oltre mezzo miliardo operato, sempre con il DL 19/2024, dalle risorse del Ministero della Salute che porta complessivamente il definanziamento della sanità a 1,8 miliardi di euro.
Nel 2022 i cittadini hanno speso 42 miliardi per curarsi. È sempre l’ISTAT a stimare che il 7,0% della popolazione – 7,5% in Basilicata – ha rinunciato a prestazioni sanitarie ritenute necessarie per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso ai servizi: si tratta di 4 milioni di persone. Il quadro di criticità che attanaglia il Servizio Sanitario Nazionale si aggrava notevolmente se si analizza la situazione nelle singole regioni da cui emerge uno scenario di gravi e profonde diseguaglianze territoriali a partire dall’adempimento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA). Divari che contribuiscono alla mobilità interregionale tanto che, nel 2021, sono stati oltre 400 mila i pazienti ricoverati in strutture ospedaliere in una regione diversa dalla propria (Corte dei Conti).
Secondo i dati della Corte dei Conti, nel 2022, la spesa sanitaria pro capite è stata pari a 2.241 euro, 2.286 euro in Basilicata. Secondo i dati del Ministero della Salute, la media nazionale è di 1.324 assistiti per medico di medicina generale, con territori in cui si supera ampiamente il tetto massimo. La Basilicata non rientra in questa fascia (1.142 assistiti) ma perché il rapporto riguarda una popolazione molto più ridotta. Per non parlare dei pediatri di libera scelta, che dovrebbero assistere non più di 800 bambini tra 0 e 13 anni, con la media italiana di 993 e la situazione lucana con 1021 piccoli pazienti per ogni professionista. In generale la Basilicata è tra gli ultimi posti per il sistema di garanzia Lea, specie per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera. Che la nostra regione, seconda solo al Molise, abbia tra le peggiori performance in tal senso, lo certifica il dato Istat 2021 che fotografa le dimissioni ospedaliere in regime ordinario per acuti effettuate in regioni diverse da quelle di residenza: se la Basilicata registra il 26,9% dei casi, a Bolzano siamo al 4,6%, in Lombardia al 4,9% e in Emilia Romagna al 5,1%. Sulle prestazioni ambulatoriali, invece, tra il 2019 e il 2022 c’è un saldo negativo del 16%, ovvero 96.355 prestazioni in meno. Le disuguaglianze nell’accesso ai servizi e alle cure incidono anche sull’aspettativa di vita: se la speranza di vita in buona salute alla nascita, che mediamente è di 60,1 anni, in Basilicata si attesta a 57,9 anni, terz’ultimo posto in Italia, nella Provincia autonoma di Bolzano è di 69,3 anni, con un gap di oltre 11 anni.
Le criticità legate alla mancanza di risorse economiche, organizzative e professionali, e le diseguaglianze tra persone e territori, sono destinate a cristallizzarsi ed aggravarsi ulteriormente e irreversibilmente nel caso si realizzi il nefasto progetto di autonomia differenziata che affosserà la nostra regione dove la migrazione sanitaria verso altre regioni ha raggiunto nel 2021 di 83.482.904 milioni di euro, riportando un saldo negativo tra crediti (€ 44.867.274) e debiti (€ 128.350.178).
Nell’ultima Relazione al parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali, il risultato di gestione del IV trimestre in Basilicata viene rideterminato in disavanzo nella misura di 28.424milioni di euro, con documentazione a supporto inesatta e incompleta per l’analisi dei conti e nessuna predisposizione di coperture. I presupposti per la procedura di diffida vengono meno nel corso del successivo incontro a fronte di un disavanzo pari a 9.902 milioni e coperture per 12.748 milioni. Per quanto, ci chiediamo, si potrà continuare a coprire le perdite con risorse straordinarie, sottraendole ad altri capitoli di spesa anche alla luce della vertiginosa impennata del saldo negativo della mobilità passiva?
Tra le misure necessarie e urgenti, riteniamo bisogna garantire un forte investimento al Servizio Sanitario Nazionale aumentando il finanziamento del SSN, sia in termini assoluti che in rapporto al PIL in maniera consistente e stabile per allineare l’Italia entro il 2030 ai Paesi europei più avanzati. Occorre investire sul personale con un piano straordinario pluriennale di assunzioni che vada oltre le stabilizzazioni e il turnover, rilanciare e riadeguare la rete ospedaliera, rafforzando le dotazioni organiche e le strumentazioni, per favorire accessibilità, sicurezza, qualità, a partire dai pronto soccorso, sempre più al collasso, prevedere un adeguato numero di posti letto in linea con la media Ocse, dare risposta agli inaccettabili tempi d’attesa che negano il diritto alla salute e favoriscono il ricorso a prestazioni private, attuare e completare la Riforma per lo sviluppo dell’assistenza territoriale in un’ottica di forte integrazione. Realizzare e rendere operativi strutture e presidi territoriali come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità, a gestione pubblica, garantendone la piena attività con tutte le figure professionali necessarie, anche con un piano straordinario di assunzioni e con risorse strutturali. Investire sui distretti per la gestione, il coordinamento e l’assistenza della rete dei servizi sanitari e sociosanitari territoriali. Definire una riforma della medicina generale, potenziare l’assistenza domiciliare, i servizi di salute mentale e i consultori pubblici assicurando la capillarità e le professionalità necessarie a garantire la piena applicazione della Legge 194/1978, fermare i processi di esternalizzazione e privatizzazione, compreso il ricorso a professionisti “a gettone” nelle strutture ospedaliere pubbliche. Proposte concrete per contrastare il disastro generato da scelte di una destra al governo, nazionale e regionale, e che sottoporremo anche alla futura classe dirigente regionale, nell’auspicio che sulla sanità non si consumi quanto accaduto nella passata legislatura, dove le decisioni sono state assunte senza alcun confronto con le parti sociali.