La presenza a Berlino a Fruit Logistica delle produzioni e dei produttori lucani rientra a pieno titolo nell’ ampio progetto di internazionalizzazione delle aziende Cia, che la stessa organizzazione agricola ha realizzato per far conoscere al mercato straniero, alla stampa internazionale e agli opinion-leader di settore il meraviglioso scrigno nascosto dei cibi tradizionali italiani, oltre che con corsi di formazione avviati da pochi giorni per imprenditori agricoli che intendono attuare programmi di internazionalizzazione. Lo sottolinea la Cia lucana evidenziando l’ impegno, condiviso con le azioni messe in campo dall’assessore all’Agricoltura Luca Braia, di rafforzare e accompagnare le nostre aziende nella sfida dell’internazionalizzazione.
Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi della Cia, sui dati diffusi dall’Istat, le esportazioni agroalimentari italiane a fine 2016 hanno raggiunto quasi 38 miliardi di euro, registrando un nuovo record dopo i 36,8 miliardi del 2015. L’Unione Europea è il mercato principali, a cui sono stati destinati oltre due terzi delle vendite (16,2 miliardi di euro pari al +5% sul 2015), con Germania, Francia e Regno Unito a occupare le prime tre posizioni sul podio dei mercati di sbocco.
”Più gli agricoltori saranno sostenuti nei processi di internazionalizzazione – commenta il direttore regionale della Cia, Donato Distefano – più l’export crescerà, rendendo possibile l’ambizioso traguardo dei 50 miliardi di euro di vendite di prodotti agroalimentari italiani sui mercati stranieri entro il 2020. Ho però il timore che, a forza di parlare solo di ‘km zero’, stiamo relegando le nostre produzioni di eccellenza alla vendita nei mercatini rionali, che complessivamente generano un fatturato inferiore al miliardo e mezzo di euro. Questa strategia ‘limitata’ blocca, invece, un potenziale da almeno 70 miliardi di euro in export”.
Recenti studi e analisi, su come “vengono percepite” le produzioni italiane all’estero, dicono che ben 4 consumatori stranieri su 10 giudicano la qualità dei nostri cibi superiore rispetto a quella locale, il 43% degli statunitensi chiede più Made in Italy nei supermercati e ben il 74% dichiara di essere disposto a riconoscere un prezzo maggiorato sui prodotti, a patto che siano 100% italiani.
“Ma – aggiunge Distefano – l’Italia non ha mai messo in campo una strategia organica per aggredire i mercati stranieri. Con il nostro piano di promozione, che abbiamo bisogno di condividere con la Regione e Sviluppo Basilicata ,l’obiettivo è di favorire la crescita e conquistare nuovi spazi all’estero, contrastando l’italiansounding, vale a dire il falso del made in Italy”.
Gli stranieri considerano il cibo Made in Italy un elemento d’eccellenza per le loro tavole, ma la stragrande maggioranza dei prodotti che il Belpaese è in grado di offrire resta ignota al consumatore fuori dai confini della Penisola. Un dato su tutti: a fronte di una produzione nazionale che vanta oltre 5.847 tra cibi tradizionali e denominazioni di origine, l’Italia porta sulle tavole dei consumatori internazionali non più di 200 prodotti del Made in Italy”.
Secondo la Cia serve dunque accelerare il piano di internazionalizzazione portato avanti in partnership con Ice, Gambero Rosso International, Centro Studi Anticontraffazione . Servono però assistenza tecnica e risorse a favore delle imprese agricole che manifestano interesse e coraggio di puntare sui mercati esteri.
Nel primo trimestre 2016 la Basilicata ha esportato prodotti agricoli per 14 milioni di euro con un incremento, rispetto al primo trimestre 2015, di circa il 21%, accorciando notevolmente il divario con l’export del petrolio fermo a 52 milioni di euro e attestandosi come comparto importante per l’export del “made in Basilicata”.