Il Rendiconto di genere 2024 presentato dall’INPS “certifica” quanto sia ancora forte il divario di reddito e di pensione tra uomini e donne. Così Rosa Gentile, dirigente nazionale Confartigianato che ha partecipato insieme ad esponenti di Cgil, Cisl, Uil, associazioni di categoria a Roma alla tavola rotonda dedicata al Rendiconto. Il salario medio delle donne è 20 punti più basso rispetto a quello dei pari ruolo di genere maschile. Passando invece al “fine lavoro”, nonostante le donne siano le maggiori beneficiare di pensioni in numero, quello che rimane a svantaggio delle donne è l’importo erogato, che rimane sostanzialmente più basso nel caso delle pensionate. I dati parlano infatti di un importo pensionistico dal 25,5% al 32% inferiore rispetto a quello degli uomini nel caso di pensionamento per anzianità/anticipato o per invalidità nel campo del lavoro dipendente privato, mentre nel caso delle pensioni di vecchiaia, il divario è ancora più sconcertante: le donne ricevono importi in media inferiori del 44,4%. Ancora, Il numero limitato delle donne che beneficiano della pensione di anzianità/anticipata (solo il 27% fra i lavoratori dipendenti privati e il 25,5% fra i lavoratori autonomi) evidenzia le difficoltà delle donne a raggiungere gli alti requisiti contributivi previsti, a causa della discontinuità che caratterizza il loro percorso lavorativo.
Il divario di genere – sottolinea Gentile – rimane ancora ampio sia nei dati generali sull’occupazione, che in quelli relativi ai ruoli ricoperti all’interno delle aziende: solo il 21,1% dei dirigenti, in Italia, è donna, mentre tra i “quadri” il genere femminile rappresenta solo il 32,4%. Nel 2023, il tasso di occupazione femminile in Italia si è attestato al 52,5%, rispetto al 70,4% degli uomini, evidenziando un divario di genere significativo pari al 17,9 punti percentuali. Inoltre, le assunzioni femminili hanno rappresentato solo il 42,3% del totale.
Anche l’instabilità occupazionale coinvolge soprattutto il genere femminile in quanto solo il 18% delle assunzioni di donne sono a tempo indeterminato a fronte del 22,6% degli uomini.
Le lavoratrici con un contratto a tempo parziale sono il 64,4% del totale e anche il part time involontario è prevalentemente femminile, rappresentando il 15,6% degli occupati, rispetto al 5,1% dei maschi.
Il gap retributivo di genere rimane un aspetto critico, con le donne che percepiscono stipendi inferiori di oltre venti punti percentuali rispetto agli uomini. In particolare, fra i principali settori economici, la differenza è pari al 20% nelle attività manifatturiere, 23,7% nel commercio, 16,3% nei servizi di alloggio e ristorazione, 32,1% nelle attività finanziarie, assicurative e servizi alle imprese.
Questi dati sono il riflesso di una condizione di svantaggio che le donne hanno nel mercato del lavoro– aggiunge la dirigente di Confartigianato – anche perché continuano a farsi carico della maggior parte del lavoro di cura. Nel 2023, le giornate di congedo parentale utilizzate dalle donne sono state 14,4 milioni, contro appena 2,1 milioni degli uomini. L’offerta di asili nido rimane insufficiente, con solo l’Umbria, l’Emilia Romagna e la Valle d’Aosta che raggiungono o si avvicinano all’obiettivo dei 45 posti nido per 100 bambini 0-2 anni.
Inoltre, le denunce per violenza di genere sono aumentate, evidenziando una problematica ancora radicata. Il Reddito di libertà, erogato dall’INPS alle donne vittime di violenza in ambito familiare, nel 2021 ha coinvolto 2.418 donne, mentre negli anni successivi, per mancanza di risorse, sono stati confermati i trattamenti solo nelle regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia (circa 233 in tutto nel 2023) grazie a risorse regionali.