“Finalmente si inizia a parlare di questione giovanile”. Ad affermarlo è il segretario regionale della Confsal Basilicata Gerardo de Grazia. Dopo la questione meridionale, -prosegue il segretario- affrontata, storicamente, solo come spot a fini propagandistici, era scontato che si arrivasse alla precarietà dei giovani, dovuta all’assenza di una politica lungimirante sul tema.
Sono almeno tre anni, dopo aver analizzato le ripercussioni che avrebbe avuto la pandemia sulla società che solleviamo il problema giovani.
L’ultimo rapporto della Banca d’Italia ha evidenziato che il 20% dei giovani del nostro paese, dopo cinque anni, si trova, ancora, a lavorare con contratti a termine.
Il presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, Maria Cristina Pisani ha lanciato l’allarme sulle pensioni. I giovani potrebbero andare in pensione, non prima dei 74 anni.
Se non si interviene subito, il mezzogiorno passerà dall’essere l’area più giovane del Paese a quella più vecchia e meno popolata.
C’è la necessità di una visione politica capace di fare proposte per invertire il trend, altrimenti, in meno di 30 anni, Neet, calo demografico, abbandono degli studi, università del sud poco attraenti e la precarietà lavorativa, saranno la causa di un eccessivo invecchiamento della popolazione meridionale.
Il Molise, la Sardegna, la Calabria e la nostra Basilicata, sono le regioni più colpite dalla decrescita.
Bisogna mettere i giovani al centro dell’agenda politica.
Le regioni del Sud, esportano competenze perdendo capitale umano. In Basilicata, il 55% dei giovani che va via è laureato, il dato più alto tra le regioni del Sud. Le carenze del nostro sistema produttivo che, in dieci anni, ha raddoppiato il tasso di disoccupazione, ha innescato il dramma sociale che stiamo attualmente vivendo. La questione giovanile nella sua critica completezza ne è il risultato.
Dobbiamo poi considerare che in Basilicata vi è un forte disallineamento tra l’evoluzione tecnologica e l’evoluzione sociale.
Ritengo sia fondamentale riuscire a colmare il divario con il Nord attraverso la formazione dei giovani e delle competenze. Bisogna lavorare per rafforzare il legame tra istituzioni, centri per l’impiego, università, Its e organizzazioni sindacali.
Il progetto, da noi lanciato, di un patto per il mezzogiorno, non è più rinviabile, il Presidente Vito Bardi si faccia porta voce di una visione riformista, che metta, sud e giovani in cima all’agenda politica.
Le parole di Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria, con delega per il Capitale umano, sottolineano l’importanza di adattare la formazione alle esigenze del mercato del lavoro, in particolare potenziando le competenze tecnico-scientifiche.
Questo perché domanda e offerta hanno difficoltà ad incontrarsi, ancora troppi studi classici a discapito di un mondo del lavoro che chiede conoscenze e competenze differenti.
Secondo il Wef (World Economic Forum) entro il 2025 verranno cancellati 85 milioni di posti di lavoro e se ne creeranno 97 milioni. Nelle prime 10 competenze richieste dal lavoro del futuro, 6 riguardano il problem solving, ovvero l’abilità di risolvere e affrontare problemi non ancora risolti attraverso la capacità critica ed il pensiero laterale. Le altre 4 riguardano l’attitudine a lavorare in gruppo. Spariscono, completamente, le competenze prettamente tecniche che risultano obsolete dopo soli tre anni.
La reale sfida del futuro, per il meridione, sarà quella di preparare uomini ad umanità potenziata.