L’agricoltore è artefice e custode attivo del paesaggio agrario che disegna nelle sue molteplici forme in funzione delle esigenze legate all’esercizio della sua attività, in particolare degli indirizzi dettati dalla PAC, delle regole del mercato ormai globalizzato e dell’evoluzione delle tecniche agricole. La politica paesaggistica adottata dalle Regioni in attuazione delle indicazioni contenute nel D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, deve dunque armonizzare nella redazione dei relativi piani paesaggistici, la tutela del paesaggio agrario con la protezione degli interessi economici degli agricoltori onde evitare che questi ultimi a fronte di misure mirate esclusivamente alla tutela conservativa del paesaggio non accompagnate da benefits economici a loro favore, abbandonino l’agricoltura, facendo così perdere al relativo paesaggio quei pregi paesaggistici che ne giustificavano la tutela. Sono queste le motivazioni alla base della firma da parte dei dirigenti di Cia-Agricoltori Basilicata e Donne in Campo di un protocollo di intesa con l’Aiapp (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio) che ha organizzato le Giornate di Matera, un evento articolato in una serie di momenti di condivisione e confronto tra cui l’Assemblea Nazionale AIAPP e il Convegno “Mediterranea – Paesaggi prossimi”.
Giardini e Paesaggi aperti è l’evento di punta dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio – afferma il Presidente Luigino Pirola – Per la rassegna 2019 il titolo scelto è Mediterranea. A Matera, città europea della cultura 2019, una serie di convegni ha approfondito ancora di più il tema. Conoscere giardini e paesaggi dove le culture delle regioni del mediterraneo europeo hanno applicato e scambiato metodi, ricerche, tecniche, composizioni, modelli per l’architettura del paesaggio e utilizzo di specie “migranti” (a volte “acclimatate” grazie alla sapienza tecnica dell’epoca) è il fine di questa edizione. Ma non solo, a causa dei cambiamenti climatici in corso, ci attende una lenta ma inesorabile migrazione spontanea della vegetazione, con la conseguente trasformazione dei paesaggi, (oltre che delle popolazioni) estendendo l’ambito culturale e paesaggistico del Bacino del mediterraneo sempre più a nord».
Da tempo la Confederazione Italiana Agricoltori – hanno sottolineato Paolo Carbone e Lucrezia Digilio – ha avviato una riflessione sulla possibilità di una miglior interconnessione con gli ambiti territoriali. In tale contesto, un passaggio fondamentale è stata la Carta di Matera 2011. Questo primo progetto ha guardato alle possibili alleanze tra impresa agricola e territorio, individuando tre direttrici di lavoro con le amministrazioni locali: programmazione territoriale, servizi di manutenzione del territorio a cura dell’impresa agricola, rapporto produzioni alimentari/territorio. Con la Carta di Matera abbiamo maturato più sicurezza nel ripensare a un’agricoltura in cui, a fianco di quella impegnata ormai con successo nelle filiere tradizionali “produzione – trasformazione industriale – distribuzione organizzata”, si possano inserire altre filiere e nuovi ambiti di reddito.Il “territorio come destino” è una definizione che abbiamo trovato in un recente rapporto del CENSIS dal titolo “una prospettiva di vigore per uscire dalla depressione”. Ci è piaciuta subito come definizione perché il “territorio come destino” – aggiungono i dirigenti di Cia e Donne in Campo – esprime con chiarezza che, a valle di questi anni di crisi, il futuro che costruiremo dovrà valorizzare e reinterpretare meglio il nostro grande patrimonio di luoghi, di storia, di tradizioni e di cultura, riconoscendo un ruolo più adeguato alla nostra agricoltura.
Per i cittadini, “un rapporto più stretto” significa migliori conoscenze e migliori sensibilità sui fronti dell’educazione alimentare, della fruizione e della protezione dei territori e dei rispettivi equilibri climatici, idrici, naturali. Non solo, “maglie più strette” innescano rapporti di conoscenza differenti da quelli delle filiere di consumo più tradizionali, dove molto è lasciato al “brand”, al marchio industriale. Per potersi proporre in una logica differente, i soggetti agricoli e del territorio devono “esporsi”, comunicare e raccontare chi sono, cosa e come producono, quali sono le tipicità e le caratteristiche dei territori, le culture locali.
Mag 11