Il ricambio generazionale in agricoltura passa principalmente, seguendo l’esperienza della Regione Toscana, dall’istituzione della ‘Banca della Terra’, una sorta di pubblico registro a cui i giovani agricoltori potranno fare riferimento per affittare o comprare un terreno.
E’ la conclusione del congresso regionale dell’Agia (Associazione Giovani Imprenditori Agricoli) della Cia Basilicata, secondo cui lo scarso ricambio generazionale è dovuto innanzitutto all’alto costo della terra che qui può raggiungere anche i 17.000 euro ad ettaro, dagli alti costi di avviamento, dalla scarsa immagine sociale dell’attività agricola, dalla carenza di formazione e di servizi di consulenza adeguati. Tutto ciò mentre nella nostra regione il 10,8% della superficie agricola utilizzabile è costituita da terreni agricoli abbandonati, soprattutto demaniali.
Il Progetto Agricoltura, futuro giovane predisposto dall’Agia sulla base della parola d’ordine Passione, Amore, Energia per una nuova stagione dell’agricoltura lucana – sottolinea una nota – contiene proposte semplici e concrete: un’agenzia per il riordino fondiario per facilitare l’accesso alla proprietà della terra; la costituzione di società miste giovani e anziani, società in cui l’anziano proprietario, titolare dell’azienda, entra in società con il giovane; misure per facilitare nuove imprese agricole attraverso l’accesso al credito e al mercato, la semplificazione normativa, la fiscalità agevolata, il supporto alla gestione. Il ricambio generazionale in agricoltura – evidenzia l’associazione – è un passaggio cruciale per l’agricoltura lucana, in quanto l’agricoltura è un patrimonio, oltre che dei prodotti che gli agricoltori creano, fatto di cultura dei territori, di tradizioni e saperi che, molto spesso, non si imparano ma si tramandano di generazione in generazione. In presenza di investimenti, in quote di produzione, nel miglioramento delle aziende, di mutui e prestiti contratti anche a breve periodo, sono evidenti le maggiori difficoltà che possono incontrare i giovani nell’attuale fase economica rispetto al resto del comparto”.
L’agricoltura – evidenzia l’Agia-Cia – non è più solo un “affare di famiglia”. Se un tempo in campagna ci si nasceva e il mestiere si ereditava dai genitori, oggi cresce sempre di più il numero di chi sceglie la vita dei campi, pur provenendo da esperienze e formazioni diverse. E fanno bene -evidenzia l’Agia Cia- perché l’agricoltura si sta dimostrando vitale e “anticiclica” dal punto di vista occupazionale, anche se i numeri del “turn over” generazionale nei campi sono ancora bassi, con gli “under 40” che rappresentano solo il 9,9 per cento del comparto e gli “under 30” che si fermano addirittura al 2,1 per cento. Eppure, secondo dati recentemente pubblicati da Almalaurea, ad esempio un agronomo su due trova lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo, e quasi uno su tre con un contratto stabile. Tanto che, dall’inizio della crisi, la facoltà di Agraria ha fatto segnare un picco di immatricolazioni superiore al 40 per cento, a fronte di un crollo generalizzato delle iscrizioni di oltre il 12 per cento in cinque anni.
“Stiamo assistendo a un fenomeno di rinnovamento del comparto: mentre i figli degli agricoltori che decidono di portare avanti l’azienda di famiglia si sono ridotti al 61 per cento del totale -rimarca la Cia- una nuova tendenza avvicina al lavoro dei campi giovani laureati o professionisti di altri settori che decidono di mollare tutto e di cambiare vita”. Alla base di questo fenomeno nuovo che sta attraversando il comparto ci sono più fattori. Quasi il 45 per cento di questi imprenditori “young” decide di investire in agricoltura dopo esperienze lavorative concluse negativamente nei comparti più vicini alla propria preparazione. Il 33 per cento dichiara di aver scelto l’agricoltura più per la qualità della vita in campagna che per le reali prospettive offerte dal settore. Mentre il restante 22 per cento è stato coinvolto nella scelta da amici e conoscenti, con cui poi ha iniziato l’esperienza lavorativa in azienda.
Qualunque sia il motivo di questa scelta, però, un elemento resta fondamentale: in otto casi su dieci sono stati aiutati dalla famiglia nella fase di “start-up” aziendale, per l’acquisto della terra (65 per cento), per i macchinari (45 per cento) e per la burocrazia di partenza (56 per cento). Il che dimostra che nel settore, soprattutto per i giovani, il “credit crunch” è ancora molto forte.
Un altro aspetto nuovo di queste imprese è il carattere di “équipe” della guida aziendale. Anche a causa delle formazioni molto varie dei nuovi imprenditori della terra, la tendenza a fondare “società” e “associazioni” agricole è sempre maggiore. E al timone di queste realtà innovative si trovano combinazioni assolutamente originali: quasi sempre c’è almeno un “addetto ai lavori”, quindi un agronomo, un enologo o un biologo, a cui si affiancano le figure professionali più disparate, che a volte si reinventano completamente agricoltori, ma più spesso portano il loro know-how in azienda dandogli una marcia in più dal punto di vista multifunzionale
Tra le altre proposte del congresso:
• norme Ue per l’incremento dell’aiuto ai giovani per l’acquisto di terreni,
• misure del PRSR per l’affiancamento e/o il passaggio di proprietà dei terreni dagli imprenditori over 65 ai giovani agricoltori;
• impedire che i terreni agricoli che hanno beneficiato della Pac possano aver una destinazione diversa da quella agricola per almeno dieci anni.
• modificare i regolamenti attuativi di Ismea, relativi al “subentro” e al “primo insediamento” rendendoli complementari con i PRSR ;
• istituire il “tutoraggio” a favore del giovane che subentra nella conduzione ad un over 65.