Secondo l’Ufficio studi di Confartigianato su dati Istat, nella nostra regione il 21% di microimprese sono interessate dal passaggio generazionale entro il 2016 (cioè 1.065 realtà). Un dato che colloca la Basilicata al terzo posto nella graduatoria regionale.
In Italia sono ben oltre 128 mila le microimprese a conduzione familiare interessate dal fenomeno (il 18,2% del totale, quasi 706 mila microimprese).
«Fase delicata nella vita di un’impresa, il passaggio generazionale è caratterizzato soprattutto da trasmissione di competenze, capitale umano e know how, valori fondamentali nel settore artigiano e della microimpresa – commenta Rosa Gentile, vice presidente nazionale di Confartigianato – ed è accompagnato da nuove opportunità di crescita per la struttura imprenditoriale, date dall’ingresso di risorse giovani, in molti casi più propense all’utilizzo delle nuove tecnologie e dell’innovazione».
«Questi numeri importanti – continua – evidenziano la necessità di porre in essere azioni di accompagnamento ed assistenza nella prossima programmazione europea gestita dalla Regione Basilicata come da tutte le altre del Sud dove è più alto il rischio di disperdere un grande patrimonio di professionalità ed è perciò più importante aiutare le giovani generazione a subentrare nell’impresa esistente».
É proprio sullo sviluppo della dotazione del capitale umano delle imprese artigiane che si innescano i processi di trasmissione delle conoscenze resa possibile dal passaggio generazionale nelle imprese familiari e dai processi formativi on the job – sottolinea la Confartigianato -. Un vettore di rilievo nella trasmissione di competenze, know how e capitale umano nelle imprese è rappresentato dal passaggio generazionale, fase critica nell’’economia delle imprese, che espone la struttura produttiva da un lato al pericolo di una perdita del patrimonio imprenditoriale, di occupazione e di conoscenze, e dall’’altro alle opportunità connesse con l’’ingresso in azienda di risorse più giovani, maggiormente scolarizzate, con una più alta propensione all’utilizzo delle tecnologie e con una maggiore vocazione al rischio e all’’innovazione. Confartigianato – afferma Gentile – ritiene strategico avvicinare i giovani al “saper fare” tramite percorsi di formazione “learning by doing” in azienda: la formazione ‘sul campo’ comprende, all’’interno dell’’attività lavorativa, l’’affiancamento del titolare, dei suoi collaboratori o dei dipendenti al nuovo assunto al fine di trasferire conoscenze e sviluppare capacità utili per l’esercizio delle attività in azienda.
E il futuro dell’artigianato italiano sta nelle mani dei 625.224 giovani imprenditori, cioè di quelli fino ai 40 anni, che guidano le piccole imprese del Paese, soprattutto nel Nord. Sono infatti più del 18% del totale i giovani alla guida di aziende che operano in Lombardia, seguiti dagli imprenditori dell’Emilia Romagna e del Veneto. Per le regioni del Sud c’è ancora da recuperare. L’Osservatorio sull’imprenditoria artigiana giovanile, se da una parte ha sottolineato le dimensioni dell’esercito delle giovani leve, dall’altra ha confermato quanto sia importante, in termini di artigianato, tramandare i cosiddetti “segreti del mestiere” da padre in figlio. L’esatta metà dei nostri giovani imprenditori, il 50%, hanno infatti ereditato l’impresa da un familiare, conservando e facendo proprie le capacità e le tradizioni nate e cresciute dentro le botteghe artigiane. Grande tradizione quindi, ma anche e soprattutto tanta voglia d’innovazione, la prima delle chiavi di successo imprenditoriale per i giovani artigiani italiani. Ma anche la flessibilità e la capacità di rischio, oltre ovviamente al rapporto con i dipendenti e alla necessità di creare il migliore spirito di squadra aziendale. Il mondo della piccola impresa italiana però, soprattutto per quanto riguarda i giovani – dice sempre Gentile – non è tutto rosa e fiori, costretto com’è a fare i conti con una serie di fattori che ne intralciano l’attività. Se è vero che sono maggiori i lati positivi di quelli negativi, è pur vero che i giovani imprenditori devono confrontarsi con i problemi di natura ambientale, con i rischi economici legati all’imprenditoria, ma anche con i tanti adempimenti burocratici e fiscali. Basti un esempio. Gli oneri burocratici a cui sono sottoposte le piccole imprese incidono per il 12,4% sui costi aziendali. Da questo dato, importante per capire il prezzo pagato dalle imprese artigiane alla macchina burocratica italiana, nasce la richiesta dei nostri giovani di alleggerire la pubblica amministrazione, in termini di efficienza e di costi. Spesa pubblica che inevitabilmente grava sulla situazione fiscale della piccola imprenditoria, convinta, nel 28,9% dei casi, nel chiedere una sostanziale riduzione della pressione tributaria.