Secondo congresso per la Fist Cisl, la categoria di prima affiliazione che rappresenta i lavoratori associati alla Fisascat, la federazione del turismo, del commercio e dei servizi, e quelli associati alla Felsa che rappresenta i lavoratori atipici, somministrati e autonomi. Mercoledì 2 febbraio, a partire dalle 9, alla “Fattoria sotto il cielo”, in località Pantano di Pignola, i delegati delle due federazioni rinnoveranno il gruppo dirigente della Fist dopo la fase di reggenza. I lavori saranno introdotti dalla segretaria nazionale Aurora Blanca che ha guidato finora la federazione. Interverranno anche il segretario generale della Fist Cisl nazionale Davide Guarini e il segretario generale della Cisl Basilicata Vincenzo Cavallo. Riflettori puntati sulle trasformazioni che stanno interessando il mondo del terziario, con la dirompente crescita del commercio elettronico e della gig-economy, ovvero l’economia legata alle piattaforme digitali dove si concentra la parte più precaria del lavoro, che è anche quella di più difficile sindacalizzazione. Sullo sfondo gli effetti della pandemia che ha colpito duramente le attività del terziario, in particolare il lavoro femminile, e resa ancora più precaria la condizione dei lavoratori atipici.
Nel 2020, il primo anno della pandemia, il tasso di occupazione femminile è sceso nel nostro paese al 49% dopo che nel 2019 aveva superato per la prima volta la soglia del 50% e dopo sette anni di incrementi. Il divario tra tasso di occupazione femminile e maschile è arrivato a 18,2 punti percentuali. Uno shock che ha colpito sia le donne con figli sia le giovani. Le prime sono impiegate il 25% in meno delle coetanee che non ne hanno; tuttavia sono le donne più giovani a registrare sia i dati più bassi sull’occupazione, sia la riduzione più rilevante nell’anno della pandemia. Anche chi ha mantenuto il posto di lavoro ha subito comunque una sensibile erosione del proprio status occupazionale, basti pensare che nel nostro paese tra le donne si contano quasi due milioni di part time involontari. Per 6 donne su 10 la riduzione dell’orario è una condizione subita, non una scelta. La quota di donne costrette al part time è passata, tra il 2019 e il 2020, dal 60,8 al 61,2% contro una media Ue del 21,6%. Anche in questo caso la forbice di genere è molto ampia: in termini assoluti sono 1.866.000 le donne con contratto part time involontario contro 849 mila uomini.
“Se vogliamo tutelare la parte più fragile del mercato del lavoro, che oggi è rappresenta principalmente dai giovani e dalle donne – spiega Blanca – il sindacato deve pensare a nuove modalità di fare rappresentanza, creando nuovi luoghi di aggregazione, anche al di là delle sedi tradizionali, come gli spazi di co-working o i luoghi virtuali dove oggi si svolge parte della vita quotidiana delle persone e dove è possibile intercettare interessi emergenti e tradurli in proposte concrete. La sfida che ci proponiamo è di allargare il perimetro della rappresentanza che significa aprirsi ai nuovi lavori digitali e ai rapporti di lavoro discontinui che promettono un nuovo concetto di lavoro più libero, autonomo e funzionale ma che in realtà, se privi di regole e senza il sostegno della contrattazione collettiva a tutti i livelli, si dimostrano rigidi e squilibrati, con ritmi e tempi indefiniti e non remunerati adeguatamente”, avverte Blanca.