Interventi di manutenzione delle infrastrutture; Politiche di governo del territorio; Sviluppo di filiere a vocazione territoriale ; Nuovi sistemi di gestione della fauna selvatica; Coesione istituzioni-enti locali per rilancio aree interne: sono le cinque priorità del Progetto della Cia-Agricoltori “Il Paese che vogliamo” presentate in questi giorni a Benevento. Tra i cinque tavoli che hanno approfondito le singole questioni quello Infrastrutture, composto da diverse professionalità, ha segnato una nutrita partecipazione ed è stato coordinato dal direttore regionale della Cia-Agricoltori Basilicata Donato Distefano. La riflessione è partita dai punti di criticità che al Sud sono più marcati: Mancato coinvolgimento della popolazione ed istituzioni locali nella pianificazione del territorio e nella gestione politiche; scarsa attenzione nella manutenzione del territorio sia ordinaria che straordinaria, ricordando che prevenire è meglio che gestire le emergenze; eccessiva burocrazia nelle procedure di gestione dei lavori sia pubblici che privati, scarsa qualità progettuale; estrema lentezza nello sviluppo della digitalizzazione (autostrade infrastrutturali). Distefano ha richiamato il pacchetto di proposte presentato nella recente edizione di “Grow!” a Matera e i temi affrontati dallo studio “Il sistema infrastrutturale a servizio dell’agricoltura italiana: focus territoriale Mezzogiorno”, realizzato da Nomisma per Agrinsieme . Le regioni del Mezzogiorno, pur rappresentando grandi bacini di produzione agroalimentare, non spiccano tra le regioni top exporter e questo anche a causa dell’orografia che caratterizza i traffici commerciali del territorio; l’export agroalimentare del Meridione, infatti, è “geograficamente” concentrato nei mercati di prossimità e raggiunge solo in minima parte i mercati più distanti. Anche per questo motivo l’export agroalimentare delle regioni del Mezzogiorno, seppur in aumento nell’ultimo decennio, è cresciuto ad un tasso inferiore rispetto a quello delle regioni del Nord: nel decennio 2008-2018, infatti, a fronte di una crescita dell’export delle regioni settentrionali pari al 62% circa, quello delle regioni meridionali è aumentato ‘solo’ del 46%, arrivando a superare di poco i 7 miliardi di euro di export nel 2018.
Nelle regioni del Meridione – emerge dallo studio – ogni impresa può contare in media su meno di 20 km di infrastrutture, circa la metà di quelli a disposizione delle imprese del Nord-Ovest, con la Puglia fanalino di coda con appena 7,9 km per azienda. A fronte di una media nazionale di 23 km di autostrade ogni 1000 kmq, nel Sud si scende a 20 km/1000 kmq, con la Basilicata ferma a 3 km/1000 kmq . Anche la dotazione di linee ferroviarie risulta inferiore nel Mezzogiorno, con 36 km/1000 kmq nelle Isole, mentre a livello nazionale la media è di 55 km/1000 kmq. Sul territorio, la presenza di infrastrutture fisiche (autostrade, strade e linee ferroviarie) è fortemente diversificata: l’indice costruito da Nomisma mediante la normalizzazione della presenza di reti viarie sul territorio regionale fa emergere come a fronte di un indicatore medio nazionale pari a 153, nelle Isole si scenda a 130 e in Sardegna addirittura a 59. Quanto al digitale, inoltre, sebbene il Sud risulti di poco indietro alle macro-aree italiane (accede ad internet il 78% delle famiglie del Meridione, rispetto all’84% del Nord), più critica è la diffusione delle innovazioni tecnologiche nelle imprese. Sono state introdotte solo da poco più di un’azienda su 4, il 26%, mentre nel Nord si arriva al 40%.
È l’agroalimentare a risentire più di altri settori di un simile gap di reti fisiche e digitali. L’incidenza dell’agrifood sul totale delle merci movimentate su strada va oltre un quarto dei volumi movimentati in Molise e Sicilia, sotto il 10% in Calabria, cui si appaia solo la Valle d’Aosta. Le montagne condizionano, inevitabilmente, il trasporto su strada; la limitata capacità regionale di esportare spiega, invece, il traffico marittimo per lo più di trasbordo. Nel decennio 2008-2018 l’export del Nord è cresciuto del 62%, mentre quello del Sud, geograficamente concentrato nei mercati di prossimità e che raggiunge solo in minima parte i mercati più distanti, solo del 46%, con un peso sul Pil pari al 2%, mentre al Nord si attesta al 3,1%.
“Lo studio Nomisma – è stato evidenziato a Benevento – mette in luce, qualora ve ne fosse ancora bisogno, le difficoltà con le quali quotidianamente sono costrette a scontrarsi le imprese del Sud Italia. Non possiamo più trascurare quanto le condizioni della rete infrastrutturale materiale e immateriale, dai trasporti al sistema idrico, condizionino, a partire dalle potenzialità dei territori, il ruolo dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiano anche nel contesto comunitario. Ancor più nel Mezzogiorno e quindi sul Mediterraneo, dove l’agroalimentare vale quasi 30 miliardi con un export di oltre 7 miliardi, e dove va fa fatto un lavoro importante per salvaguardare gli sbocchi di mercato delle produzioni agroalimentari iconiche del territorio, a partire dagli agrumi e dall’olio extravergine di oliva.
L’evento di Benevento si è concluso con l’incontro dei dirigenti Cia di Campania, Basilicata e Calabria e una cena (chef Federico Valicenti) di menu lucano a base di ciambottella luganica e fagioli, lagane di miscugli tabarebb di Senise e pistacchi di S Mauro, agnello lucano con cicoria cipolla alloro calzoncelli con ripieno di ceci e vino lucano (Greco di Matera e malvasia bianca di montagna lucano).
Quanto alla gestione della fauna selvatica la Cia-Agricoltori Basilicata domani venerdì 6 settembre terrà in mattinata due iniziative: un incontro presso la sede regionale (via dell’Edilizia,Potenza) con una delegazione dell’Anci guidata dal presidente Salvatore Adduce e successivamente un incontro in Prefettura.