Ogni titolare di impresa lucana paga l’energia elettrica 2.466 euro in più l’anno rispetto ai colleghi europei (media nazionale è di 2.259 euro all’anno in più rispetto agli imprenditori europei) collocando la Basilicata al nono posto nella graduatoria delle Regioni italiane per rank relativo al gap-impresa. Lo rileva Confartigianato Imprese che ha stilato la classifica delle regioni in cui gli imprenditori subiscono le differenze di costo più ampie rispetto all’Europa. E così, ad aprile 2014, una piccola impresa tipo arriva a pagare una bolletta elettrica annua di 14.408 euro, di cui il 35,3% è determinato dagli oneri generali di sistema e il 6,1% da oneri fiscali.
L’Italia – evidenzia il presidente di Confartigianato Basilicata Antonio Miele – ha il primato negativo in Europa per la bolletta elettrica più costosa a carico delle aziende. Una situazione che registra in Basilicata, terra macrofornitrice di petrolio e gas, come riconosce l’Unione Petrolifera Italiana, un paradosso al punto che il gas di derivazione dai pozzi della Val d’Agri diventerà presto un beneficio sia pure parziale per le famiglie di una decina di comuni della Val d’Agri ma non per le aziende che risiedono in quel territorio. A gonfiare la bolletta energetica delle imprese contribuisce la pressione fiscale che incide per il 21,1% sul prezzo finale dell’elettricità: secondo l’ultima comparazione internazionale della Commissione europea nel 2012 il tasso implicito di tassazione dell’energia in Italia è pari a 307,5 euro per tonnellata equivalente di petrolio (tep), il 38,1% superiore alla media di 222,8 euro/tep dell’Unione europea a 28.
La tassazione energetica è pari al 18,8% del prelievo indiretto complessivo. Nel dettaglio il 55,8% del gettito sull’energia proviene dall’Imposta sugli oli minerali e derivati, un ulteriore 33,4% dall’Imposta sull’energia elettrica e oneri di sistema fonti rinnovabili e il 9,6% dall’ Imposta sul gas metano. Anche in questo caso l’Italia detiene il record negativo nell’Ue per le imposte sull’energia più alte: arrivano a 4,65 euro per 100 KWh contro i 3,51 euro della Germania, l’1,42 euro della Francia, lo 0,71 euro della Spagna, e lo 0,47 euro del Regno Unito. Si tratta di un’anomalia che colpisce in particolare le piccole imprese le cui bollette elettriche sono gravate da una tassazione maggiore del 115% rispetto a quella delle grandi aziende energivore.
Per abbassare il costo dell’energia, Confartigianato sollecita “una riforma complessiva all’insegna dell’equità per ridurre e riequilibrare la tassazione sul prezzo dell’energia che grava soprattutto sulle piccole imprese. Servono anche riforme strutturali che aprano alla vera concorrenza i settori dell’elettricità e del gas e che puntino sull’efficienza energetica e sull’uso di fonti rinnovabili”.
“La situazione analizzata nel nostro rapporto – sottolinea Miele – rivela i gravi squilibri che penalizzano artigiani e piccoli imprenditori sul fronte del costo dell’energia. Non ci stiamo ad essere usati come ‘bancomat’ per finanziare sconti e agevolazioni per le grandi imprese. Vogliamo sia applicato il Protocollo di Kioto: chi consuma più energia deve pagare di più. L’occasione per cambiare c’è: il Governo Renzi ha annunciato una riduzione del 10% del costo dell’energia, pari a 1,5 miliardi, per le piccole imprese. E allora ci aspettiamo una serie di interventi finalizzati a: eliminare le attuali sperequazioni su fisco e oneri di sistema in bolletta che penalizzano le piccole imprese rispetto alle grandi aziende, interventi selettivi sulle piccole imprese che non godono di sconti e agevolazioni, promuovere la generazione distribuita come modello generale di politica energetica, utilizzare la leva fiscale per migliorare efficienza e uso razionale delle risorse, finanziare le politiche industriali con la fiscalità generale e non con le bollette di Pmi e famiglie. Sul piano regionale ci aspettiamo iniziative da parte della Società Elettrica Lucana e della Giunta”.