Puntuali come ogni anno sono arrivate le albicocche dalla Spagna. Sono primizie di importazione, una “chicca” della distribuzione, grande e piccola, italiana e non. Vendute spesso in offerta, a volte anche sottocosto, per attirare consumatori impazienti alla ricerca della primizia a basso costo. Consumatori che diventano spesso vittime delle strategie commerciali basate su un prodotto “civetta” con il prezzo ribassato e sul ricarico di altri. Purtroppo, ogni tanto, chi importa o chi distribuisce queste primizie, si “dimentica” di scrivere da dove vengono o “si sbaglia” e magicamente diventano albicocche italiane. L’Italia è il primo produttore europeo di albicocche. Le nostre albicocche sono gradite, apprezzate, visto che ne esportiamo circa il 15% della produzione.
Le regioni più importanti per la produzione di Albicocche sono l’Emilia Romagna, la Campania e la Basilicata, che rappresentano ognuna circa il 25% della produzione nazionale. In Basilicata la coltura è in notevole crescita nel Metapontino, con l’impianto di numerose nuove varietà, in particolare a frutto rosso-arancio, anche se molti impianti non sono ancora in produzione e quest’anno si registra un calo produttivo causato dalle avverse condizioni climatiche.
C’è proprio bisogno di importare albicocche in questo periodo, quando arrivano le primizie della nostra terra? E’ il mercato globalizzato, ci dicono. Ma non è il mercato globalizzato a spacciare quelle importate per italiane! E i controlli dove sono? Perché tutti gli anni dobbiamo assistere impotenti a questa rinazionalizzazione di ciò che italiano non è?
Secondo il presidente regionale della Coldiretti di Basilicata Piergiorgio Quarto “Non è solo un problema di origine falsificata, anche se basterebbe già quello. E’ anche un problema di ordine fitosanitario, se è vero che queste produzioni perdono la loro identità, la loro rintracciabilità, con tutti i rischi, anche fitosanitari, del caso”.
“Dobbiamo difendere le nostre albicocche con tutti i mezzi” aggiunge il presidente della Coldiretti sezionale di Policoro Vincenzo Padula “renderle riconoscibili anche e soprattutto in quanto eccellenze, ed in parte esportate. Che senso ha quindi importare prodotto facendolo passare per italiano? È una truffa che porta i consumatori a fare acquisti in maniera più tranquilla sapendo di comprare prodotti italiani sinonimo di garanzia e qualità”.
Ma, in concreto, cosa rischia chi non rispetta quanto previsto dalle norme di commercializzazione? Una sanzione pecuniaria che può arrivare fino a 50.000€. Non c’è bisogno di grandi campagne di moralizzazione, basterebbe “pizzicare” qualcuno di questi italianizzatori di albicocche, applicare le giuste sanzioni e ….. farlo sapere a tutti gli altri.