E’ in pieno svolgimento la campagna di raccolta dei peperoni di Senise Igp tra non poche problematicità per i produttori innanzitutto per le alte temperature che hanno anticipato la maturazione e la carenza idrica nonostante l’invaso e gli impianti di Monte Cotugno. Secondo la tendenza riferita dal Consorzio di Tutela del Peperone di Senise IGP, a cui aderiscono i produttori associati alla Cia-Agricoltori, “alcune aziende sono già al 60% della raccolta, ma per molte altre gli stacchi continueranno almeno fino alla seconda decade di settembre”. “Se da una parte il gran caldo delle ultime settimane ha svantaggiato molti nostri agricoltori, dall’altra – sottolineano al Consorzio di Tutela del Peperone di Senise IGP – ha determinato una precoce e più naturale essiccazione dei peperoni, garantendo così forniture anticipate alle attività commerciali sia delle collane (le serte) sia dei diversi prodotti trasformati, di cui le aziende avevamo terminato le scorte ormai da tempo”. “Nonostante l’aumento dei costi delle materie prime, i prezzi di vendita si mantengono identici a quelli della scorsa annata: al momento, per il peperone di Senise Igp essiccato abbiamo quotazioni di 42 €/kg, mentre per quello in polvere i prezzi si aggirano intorno a 30 €/k”
Sono intanto una trentina 30 le domande di produttori per un’estensione di 357mila mq in adesione all’Avviso Pubblico predisposto dal Dipartimento Attività Produttive della Regione, in attuazione del Programma Speciale Senise, con una dotazione finanziaria di 700 mila euro e la previsione di un contributo massimo concedibile di 30mila euro. Gli obiettivi da perseguire sono: aumentare la produzione a marchio lucano, adeguare le imprese alla trasformazione del prodotto fresco, secco, in polvere e migliorarne la esportazione sui mercati nazionali ed internazionali e creare nuove opportunità di lavoro nella filiera di produzione e distribuzione del prodotto IGP.
La Cia evidenzia infine sulla base di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica americana Pnas, al quale hanno partecipato Enea e Università di Torino non ci sono più segreti per peperoni e peperoncini. Si è scoperto così che i peperoni allo stato selvatico sono tipici della regione andina e la loro prima domesticazione è avvenuta nel Messico e in altre regioni dell’America meridionale, con un processo complesso simile a quanto avvenuto per altre colture come il mais. Sono stati quindi identificati nuovi centri di diversità genetica in Europa Orientale, Africa e Sud Est Asiatico e individuate le diverse rotte commerciali che hanno permesso la diffusione e diversificazione del peperone e del peperoncino. Le tipologie dolci hanno viaggiato sulle orme dei mercanti portoghesi tra il Centro-Sud America e l’Europa per poi propagarsi attraverso la via della seta. La via delle spezie, invece, potrebbe aver determinato la maggiore diffusione delle varietà piccanti nelle aree del Sud est asiatico.
Si tratta di uno studio che apre nuove interessanti prospettive, spiega il coordinatore Pasquale Tripod del Crea, “grazie, infatti, alle informazioni genomiche raccolte sarà possibile lavorare a nuove potenziali varietà migliorate e scegliere nuove aree verso le quali destinare le produzioni, sempre in un’ottica di resilienza al cambiamento climatico e di sostenibilità ambientale”.