I primi due decreti attuativi del Jobs act sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale e da sabato 7 marzo, entrano in vigore. Di seguito un commento inviato alla nostra redazione da Teresa Russo.
La riforma del mercato del lavoro del governo Renzi, il Jobs Act, nonostante la “S” finale punta su un solo contratto. Il contratto a tempo indererminato e a tutele crescenti. Co.co.pro, co.co.co, associazioni in partecipazione e job sharing verrano “rottamati” solo nel 2016. Il varo dei decreti attuativi ci aiuta a capire meglio come cambiano praticamente le regole all’interno del mercato del lavoro e se, il jobs act, rischi di diventare un ulteriore penalizzazione per i lavoratori dopo la legge Fornero.
I decreti attuativi, il primo e il secondo determinano nell’ordine,l’indennizzo monetario crescente in caso di licenziamento illegittimo e la riforma degli ammortizzatori sociali (Aspi- Asdi e Dis- Col) e la creazione dell’agenzia unica per l’impiego; non va dimenticato che il mercato del lavoro italiano non pende dal lato dell’offerta ma, piuttosto, dalla carenza di domanda del sistema.
E, quand’anche la domanda riprendesse, nella grave debolezza dei Centri per l’impiego. L’esperienza internazionale insegna che la condizionalità funziona soltanto in un contesto di “obblighi reciproci” dell’amministrazione pubblica di fornire servizi di orientamento, formazione e placement; dei lavoratori disoccupati di parteciparvi, cercare attivamente lavoro e accettare prontamente un’offerta di lavoro. È problematico, quindi, se non irrealistico, pensare che i Centri per l’impiego possano far valere stringenti condizionalità se non vi sono legittimati dalla fornitura di adeguate politiche attive. Il rischio, dunque, è che l’allungamento della durata massima della Naspi, rispetto all’Aspi, si traduca in buona parte in allungamento della durata effettiva della disoccupazione coperta dall’indennità.
Il terzo decreto attuativo della riforma del lavoro, invece , potrebbe ad una prima lettura dare agli imprenditori la piena libertà di demansionare e ridurre gli stipendi ai propri dipendenti. |
La norma esaminata in consiglio dei ministri si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti, con vecchi e nuovi contratti. Resta da chiarire il problema dell’eventuale estensione al pubblico impiego.
Ad un esame attento della norma che recita così: ” in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali, che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore”. Posta in questi termini la modifica degli assetti organizzitivi significa tutto e niente, in sostanza si attribuisce al datore di lavoro un potere unilaterale e discrezionale.
Quindi il decreto facilita il declassamento e al tempo stesso ne rallenta, invece, il passaggio ad un livello superiore.
Precedentemente l’assegnazione alle mansioni superiori divieniva definitiva dopo tre mesi di lavoro in quell’attivitità, con il decreto, questo arco di tempo passa da tre a sei mesi.
L’ulteriore importante novità del testo prevede che “possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione”.
In un mercato del lavoro asfittico, come il nostro, il lavoratore può essere convinto e indotto ad accettare livelli inferiori di tutela, sul piano delle mansioni e della retribuzione. Questo dovrà avvenire con il consenso del lavoratore, con il Jobs act l’azienda può mettere di fronte ad un bivio il dipendente, soprattutto nel caso di neoassunti: o il lavoratore accetta le sue condizoni oppure può essere licenziato con un indennizzo di poche mensilità.
Il demansionamento è già una pratica attuale, infatti nel provvedimento del governo Renzi, con il riferimento al decreto 138 del 2011, varato dal governo Berlusconi, secondo il quale i contratti aziendali e territoriali “operano anche in deroga alle disposizioni di legge, in materia di mansioni, orari di lavoro, assunzioni e licenziamenti”, ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti nazionali di lavoro. In sostanza in azienda si può fare un diritto del lavoro ad uso e costume proprio, costruito a piacimento.
Il jobs act può essere derogato in peggio. Se la legge parla di un solo demansionamento possibile, il contratto aziendale può passarli a due, per esempio. Un combinato catastrofico per i lavoratori.
Quindi, la questione è: a parità di condizioni, cioè decontribuzione e licenziamento facile perchè un’azienda dovrebbe assumere a tutele crescenti? Così il nuovo contratto a tutele crescenti non sembra essere una reale garanzia per i lavoratori e per i livelli occupazionali.