Il quadro che emerge dalla maxi inchiesta sul petrolio in Basilicata ripropone il tema del rapporto tra energia da fonti fossili e territorio, soprattutto in una Regione in cui il settore agricolo ha investito nell’identificazione dei propri prodotti e servizi nell’ambito di un territorio che, nell’immaginario collettivo, ci si aspetta conservi connotazioni ambientali e paesaggistiche spesso non conciliabili con l’introduzione dell’attività estrattiva, così come di qualsiasi attività industriale ed energetica ad alto impatto.
Partendo da ciò, alla luce anche di quanto gli organi di stampa riportano, la Coldiretti ritiene che l’immagine distorta che ne scaturisce, rischia di deturpare il territorio e le imprese di una delle valli della Basilicata che storicamente ha rappresentato la distintività delle produzioni agricole della Regione, la Val D’Agri.
Come pure le generalizzazioni ed i ragionamenti intorno ai “si dice” rischiano di compromettere altri areali regionali, altrettanto fondamentali per il settore e per l’economia lucana, quali la Valle del Sauro, la Val Basento o la fascia Jonica con tutte le sue eccellenze ortofrutticole. Queste le motivazioni che hanno spinto l’Organizzazione agricola a convocare una conferenza stampa stamane, presieduta dal Presidente e dal Direttore Regionale della Coldiretti di Basilicata Piergiorgio Quarto e Francesco Manzari, e dal Presidente e dal Direttore Provinciale della Coldiretti di Potenza Teodoro Palermo e Franco Carbone, e che ha visto la presenza dei quadri dirigenti della Coldiretti lucana.
Secondo Manzari “Il tema del rapporto tra energia da fonti fossili e territorio è considerato discrimine per uno sviluppo sostenibile della Basilicata. Pertanto non è più rinviabile l’avvio di un dibattito corretto e responsabile sugli effetti che le attività estrattive hanno sulle componenti ambientali e sulle attività agricole”.
“Riteniamo che l’agricoltura possa e debba chiedere una tutela ‘politica’, attraverso la pianificazione, la programmazione, l’assunzione di responsabilità, l’applicazione del principio di sviluppo sostenibile e di “non regressione ambientale”; l’approccio dell’agricoltura e delle comunità residenti con il territorio oggi” continua Manzari “non può più essere gestito applicando la logica delle compensazioni economiche perché queste, da sole, non sono sufficienti a giustificare la presenza o la nascita di un impianto, se parallelamente non si dispone anche delle necessarie garanzie in termini di impatto”.
Per questo le scelte strategiche sulla destinazione produttiva di un territorio e sulla gestione delle risorse da esso contenute e rappresentate, devono coinvolgere in primis le comunità residenti, preservando tutte le opportunità anche per le generazioni future.
Per Piergiorgio Quarto “Il problema resta quello della coerenza: la salvaguardia del territorio, infatti, è parte integrante di tutti i modelli di sviluppo e non può assolutamente prescindere dalla tutela e dalla valorizzazione di quegli elementi, sia materiali che immateriali, che identificano le produzioni agricole e su cui l’agricoltura lucana sta investendo tutta la sua capacità di sviluppare valore aggiunto, innovazione ed eccellenza”.
Ecco, allora, che il dibattito apertosi introduce la necessità di prevedere una serie di azioni per la gestione di una “convivenza storica” sostenibile e credibile tra attività estrattiva ed agricoltura ed il blocco di eventuali nuove autorizzazioni. Occorre rivedere e rafforzare il sistema di controllo e monitoraggio sia delle produzioni agricole che delle matrici ambientali (terra, acqua ed aria) mediante enti terzi di assoluta affidabilità e reputazione (certificazione di salubrità), destinando quota parte delle royalty ad un fondo specifico per la salvaguardia ambientale e per i rischi connessi. Allo steso modo andrebbero individuate procedure di controllo delle emissioni e di gestione dei rifiuti di origine estrattiva coerenti con la complessità e la criticità della materia dando valore all’osservatorio ambientale e favorendone la partecipazione, oltre che degli organismi tecnici, anche delle rappresentanze sociali, ambientali, del lavoro e agricola.
La Coldiretti di Basilicata, mediante il protocollo d’intesa sottoscritto con l’IZS di Puglia e Basilicata, propone l’immediata attivazione di un programma di campionamento ed analisi di laboratorio delle produzioni normalmente consumate crude, un impegno per tutelare la salute dell’ambiente e dei cittadini.
“Un certificato di salubrità”, questa è la sfida che la Coldiretti, per la comunità della Val D’Agri e non solo, lancia, consapevoli e sicuri che i prodotti del territorio sono sinonimo di sicurezza alimentare, genuinità, ma soprattutto tanto valore derivante dalla passione e dal lavoro profuso in questi anni.
Quarto così conclude “La nostra Organizzazione ritiene opportuno, indipendentemente dalle appartenenze ideologiche, politiche e partitiche, aprire un dibattito sulla questione ambientale e le politiche di sviluppo per la Basilicata del futuro senza alcuna chiusura e resistenza, consapevoli che le disattenzioni e le aggressioni al Territorio ci vedranno protagonisti sempre e comunque, anche costituendoci parte civile sia a tutela della salute dell’intera comunità e dell’economia rurale della nostra Regione e sia a difesa dell’immagine di un territorio contro chi, “per un minuto di visibilità e notorietà” svende la dignità propria e della propria Regione”.