Le dichiarazioni dell’ad Eni Descalzi su nuovi investimenti e nuovi posti di lavoro in Val d’Agri come il cosiddetto “piano B” del Governatore Pittella e dell’Arpab per fermare la contaminazione che è stata registrata nell’area industriale di Viggiano non devono distrarre dall’impegno di salvaguardare gli attuali posti di lavoro dell’indotto Eni. E’ l’appello che l’Associazione Bene Comune Viggiano rivolge alla Giunta Regionale in una nota a firma del presidente Vittorio Prinzi. Analizzando l’andamento dell’occupazione diretta e indiretta dall’attività in Val d’Agri, è evidente come, a partire dalla costruzione dell’originario Cova nel 1996, il territorio – continua la nota – abbia visto un trend di crescita costante che ha portato il settore a impiegare dal 2014, secondo dati ufficiali di fonte Eni, un numero complessivo di 3.530 persone, il 54% delle quali risiede in Basilicata. Sono numeri importanti che in sincronia con la “vertenza Ati (Associazione temporanea d’impresa) Rina-Sis” che coinvolge direttamente un centinaio di lavoratori – dice Prinzi – rilanciano la centralità del contratto di sito.Per questo il confronto avviato presso la sede di Confindustria Basilicata a Potenza, tra i vertici del Distretto Meridionale dell’Eni, sindacati di Cgil, Cisl e Uil, e le aziende coinvolte nell’indotto petrolifero che vede impiegati centinaia di lavoratori lucani, deve proseguire con il sostegno dei sindaci della valle per garantire continuità di lavoro e serenità alle famiglie del comprensorio. Diventa questo il primo ravvicinato banco di prova – si sottolinea nella nota – per verificare le reali intenzioni di Descalzi facendo in modo che le “rassicurazioni” dell’Eni al tavolo di Confindustria si traducano in atti concreti.
Non è più sottovalutabile che ci sono ditte che lamentano, da anni, difficoltà di rapporti con l’Eni, in particolare – continua Prinzi– risultano alcune decine di piccole e medie aziende che hanno sede nel comprensorio della Val d’Agri o comunque in provincia di Potenza e hanno alle dipendenze, da sempre, lavoratori lucani. In mancanza del rinnovo dei contratti di servizio si rischia il licenziamento dei nostri operai, in gran parte qualificati, con l’arrivo da fuori regione di decine di lavoratori. Un’eventualità che è inaccettabile specie per la grave crisi occupazionale e nonostante la ricchezza petrolio. Quanto al Distretto Energetico, la sua istituzione non è più rinviabile se vogliamo cogliere tutte le grandi opportunità offerte dal Patto di Sistema specie in materia di subfornitura e produzione di materiali per le imprese che saranno impegnate nei lavori di ricerca ed estrazione. Nel distretto infatti troveranno posto nuove attività, specie per piccole e medie imprese e dell’artigianato di alta tecnologia anche per le fonti energetiche alternative (pannelli solari e impianti eolici) accrescendo il tessuto imprenditoriale e quindi l’occupazione”.
Per Prinzi “i primi impegni da richiedere al management dell’Eni e per le sue responsabilità al Ministero dello Sviluppo Economico riguardano la verifica dei livelli occupazionali e dell’affidamento delle commesse tenendo conto delle caratteristiche delle nostre piccole e medie imprese che non sono in condizione di reggere meccanismi di competizione con grandi imprese. Si tratta dunque, di rilanciare l’azione sinergica Regione, Comuni, sindacati e lavoratori – continua – in modo da stanare il management Eni dalla posizione di ambiguità perché assuma la responsabilità che le deriva dall’utilizzo delle nostre risorse energetiche. La politica e le istituzioni – aggiunge Prinzi – sono chiamati ad uno sforzo maggiore del passato a favore della filiera del petrolio che non deve tagliare fuori il tessuto di pmi da noi essenziale”.
Apr 06