Nasce sul web, e non poteva essere diversamente, la protesta “Io apro” con cui si invitano i commercianti a riaprire le proprie attività dal 15 gennaio 2021, dunque a non rispettare il decreto del Governo. Ma oltre al rischio di incappare in multe e sanzioni gli esercenti potrebbero anche fare i conti con una scarsa adesione dei clienti. Sulla carta potrebbero essere anche 100 mila ad aderire a questa clamorosa protesta ma staremo a vedere cosa accadrà per esempio a Matera, dove negli ultimi anni sono stati aperti decine di bar e ristoranti. Per dare forza alla protesta è già in tendenza su Instagram l’hastag #ioapro anche se in realtà lo slogan fa riferimento anche alla data e dunque #ioapro1501.
La protesta ha un programma semplice: “Io apro per non chiudere più”. L’obiettivo, dichiarano gli organizzatori – è riprendere quello che è un nostro diritto, lavorare, esattamente come viene sancito nella nostra Costituzione”.
Ma dove è nata questa iniziativa? Tutto è partito qualche giorno fa da un post Facebook di un ristoratore cagliaritano, Maurizio Stara, proprietario del pub Red Fox. “Non spengo più la mia insegna, io apro – si legge nell’appello di Stara -. La nostra è una protesta pacifica volta a dimostrare il nostro senso di responsabilità e la nostra capacità di rispettare e far rispettare le regole di prevenzione del Covid-19”. Grazie alla potenza del web la sua idea è rimbalzata in un tam tam mediatico. Una protesta muta, che sta evolvendo in queste ore con la creazione di un movimento di protesta organizzato e decisamente più dirompente, che ha raccolto attorno a sé diversi tipi di professionalità. Ma anche l’intrusione di attivisti no mask e movimenti di estrema destra che cercano di cavalcare, come spesso avviene in questi casi, il malcontento della categoria. Cosa che sta facendo apertamente anche il leader della Lega Matteo Salvini, che si è subito schierato con l’iniziativa.
“Siamo solo dei ristoratori che si sono uniti perché stanchi dell’attuale situazione – racconta a Sapori Yuri Naccarella, referente della protesta #ioapro -. Non c’è voglia di fare la guerra nei nostri intenti, l’unico vero motivo alla base della nascita del movimento è la pura necessità di andare avanti, perché i ristori promessi dallo Stato non arrivano e attualmente la liquidità non abbastanza”. Uno stato di stallo non aiutato dalle voci che si rincorrono sul prossimo Dpcm e dallo stato dell’arte ancora fumoso del prossimo Ristori 5 che ha già raccolto le proteste di molte associazioni di settore”.
Partire, segnalano dall’organizzazione, è stato semplice e la scelta del 15 gennaio “è puramente simbolica, non legata alle prossime eventuali comunicazioni della squadra di Governo. Semplicemente andava dato un inizio pubblico a quello che è il lavoro che si sta facendo in questi giorni” sottotraccia ma non troppo. Il tam tam continua e la comunità di chi ha scelto di protestare cresce e si organizza tramite i mezzi che le nuove tecnologie mettono a disposizione: gruppi Facebook, Whatsapp e Telegram aperti a chiunque voglia aderire al movimento o anche solo supportare i ristoratori presenti. Dalla Sardegna del primo post online, a oggi le regioni apparentemente più attive e toccate dalle adesioni sono Emilia Romagna, Marche, Lombardia e Toscana. Una solo apparente difformità, stando a quanto affermato dall’organizzazione: “Al momento c’è più attività nelle regioni da cui siamo partiti e a cui appartengono i primi firmatari di questa corrente, è normale, ma pian piano tutte le zone si stanno uniformando perché è una necessità sentita ovunque”. E nonostante sul Web gli appartenenti al partito dei contrari obiettino, tra i vari motivi per cui non aderire, il fatto che non ci sarà affluenza in quanto la clientela non rischierà sanzioni o, banalmente, non sarà interessata o non saprà di poter fare questa scelta, da #ioapro non si mostrano preoccupati. “Noi ci aspettiamo una grande affluenza di clientela, molti cittadini ci capiscono e ci sostengono” e anche grazie a una buona campagna di comunicazione “abbiamo già ricevuto molte prenotazioni e ringraziamo le persone che hanno scelto di stare al nostro fianco. Ci aspettiamo anche un grande appoggio da parte delle forze dell’ordine, perché la nostra è una disobbedienza gentile, ancor più che civile”.
Come sarà organizzato fisicamente il lavoro? “Noi rispetteremo tutte le norme Covid, non siamo negazionisti e ci teniamo a dirlo. Riapriamo per sconfessare il rischio di chiusura totale e così abbiamo stabilito un piccolo vademecum di regole a cui attenersi: distanza tra i tavoli doppia rispetto a quanto stabilito dalla legge, osservanza rigida delle norme anti Covid-19, conti al tavolo entro le 21,45 e, per i primi tre giorni, ai clienti che sceglieranno di supportarci sarà permesso, a fronte di un regolare scontrino, di pagarci con un’offerta libera. Altra regola su cui non deroghiamo, è il rispetto nei confronti delle forze dell’ordine con cui avremo eventualmente contatti”. E siccome di facinorosi è pieno il mondo e il web, raggiunti dalla domanda su come si dovessero muovere rispetto a episodi di violenza o nervosismo esagerato, rispondono con decisione che “abbiamo già dichiarato che non appoggeremo in alcun modo questi episodi. La nostra nasce come una disobbedienza civile e pacata e così resterà”. In questi casi, quindi, verrà meno anche la promessa di assistenza legale che è uno dei capisaldi della protesta: “Abbiamo numerosi professionisti al nostro fianco, e aiuteremo sia le attività che i clienti, nel caso dovessero avere bisogno”.
Pubblicamente gli avvocati e gli organizzatori stessi, con un video diffuso su Facebook, hanno infatti asserito che non potranno in alcun modo colpirli e che qualsiasi provvedimento sarà contrastato attraverso dei ricorsi al Tar. Uno dei punti, l’assistenza legale e l’effettiva fattibilità e pericolosità del movimento, che sta alla base di molti dei no e dei timori di alcuni ristoratori, come sottolinea Floriana Schiano Morello, giornalista specializzata in Comunicazione enogastronomica e promozione del territorio e dell’agroalimentare, di stanza nell’area dei Campi Flegrei, in provincia di Napoli: “Molti dei miei clienti e degli altri ristoratori con cui ho avuto modo di entrare in contatto in questi giorni hanno scelto di non aderire alla protesta in quanto consigliati in quest’ottica dai loro avvocati. La voce predominante in questo senso è che non ci sarà ricorso legale che tenga, le sanzioni amministrative ed eventualmente civili avranno ragion d’essere data la situazione straordinaria”. Un rifiuto e un mettersi da parte che non è però totale: “Molti ristoratori, in particolar modo quelli attivi con l’asporto, apparecchieranno comunque i tavoli dei loro locali come per accogliere eventuali clienti, ma non accetteranno di farli sedere ai tavoli. Sarà il loro modo silenzioso di appoggiare la protesta e di essere solidali con l’intero comparto”.
Vedremo se questa forma di protesta riuscirà a contagiare anche i bar e ristoranti della Basilicata.