La fiducia nell’Euro. E’ il tema del contributo di Franco Vespe inviato alla nostra redazione. Di seguito la nota integrale.
In questi ultimi tempi la fiducia nell’Europa è stata messa a dura prova. In passati contributi abbiamo esposto le ragioni sacrosante di tale euroscetticismo da parte degli italiani. Però dall’altra occorre fare una spietata analisi su quelle che sono le carenze strutturali economiche, sociali e, soprattutto morali, che impediscono di cogliere le opportunità che l’Europa potrebbe garantire da parte del nostro paese. Ci eravamo lasciati con alcune domande poste all’economista Bagnai alle quali non fu data una convincente risposta. La prima riguarda il ruolo dell’innovazione tecnologica, la ricerca e la formazione. Una delle buone ragioni dell’abbraccio dell’EURO era quello di abbandonare una buona volta la strada della svalutazione competitiva per imboccare quella della innovazione competitiva. Il principio è molto semplice: poiché non si può competere sul piano del costo del lavoro con le economie emergenti, occorre puntare tutto sull’innovatività dei prodotti. Ciò significa incentivare la ricerca, l’innovazione tecnologica e, soprattutto la formazione. E’ una sciagura invece credere che l’unica leva per guadagnare competitività è ridurre il costo del lavoro come farneticano i giuslavoristi “Fornero style”. Una battaglia già persa in partenza! Nel trattato di Lisbona dell’UE del 2007 è dichiarato l’obiettivo strategico dell’UE di fare del nostro continente una piattaforma che fa dell’innovazione la sua cifra strategica prioritaria fissando l’obiettivo di investire il 3% del suo PIL proprio in innovazione e ricerca. E’ accaduto invece che questa strada virtuosa, fra l’altro già imboccata negli anni 80 dagli Stati Uniti e cavalcata felicemente anche dall’amministrazione Clinton, l’Italia non l’ha mai intrapresa. Proprio in quegli anni gli USA hanno trasformato la loro leadership mondiale da economico-monetario a tecnologico-scientifico! Ma non divaghiamo. Anzi abbiamo visto un assottigliamento miope e disgraziato della percentuali del nostro PIL riservate alla ricerca fino a raggiungere numeri da prefisso telefonico! Per capire la devastazione del nostro paese in questo settore basta leggere quali sono i risultati ottenuti dall’Italia nel VI programma quadro R & S della Comunità Europea. A fronte di un contributo dell’Italia di 13 mld di Euro, solo 9.5 mld circa sono andati a gruppi di ricerca italiani!! Quindi una fallimentare capacità di aggredire fondi e di essere competitivi nel contesto europeo. Ma c’è un dato ancora più sconfortante. Fra i progetti candidati al VI programma quadro bel il 15% di essi sono stati proposti da team coordinati da istituti italiani. Sembrerebbe un dato positivo se non fosse stato compromesso da un tasso di bocciatura doppio rispetto a quelli guidati da coordinatori non italiani: Cosa significa ? Una propensione maggiore degli italiani alle pubbliche relazioni ad alla vendita di saponette! Il risultato finale di quella cultura devastante dell’effimero e dell’apparire che ha portato a fare delle Scienze delle Comunicazioni la facoltà “alla page” preferita dai nostri giovani rispetto alle Ingegnerie!!
Da tutto questo emerge un’altra carenza, forse la più grave, del nostro paese che ci rende palesemente inferiori agli altri: la feroce e spietata guerra che sta combattendo da almeno 3 decenni per debellare merito e la competenza. Un paese che fa vergognare e deprime sempre più chi ha merito, capacità e competenza e celebra invece la fedeltà nel leader, l’attivismo, il nepotismo, la scaltrezza sublime di sapersi fare i fatti propri!! Una guerra ahime vinta con la complicità di certo becero egalitarismo sindacalista, corporativista. Per non parlare del feudalesimo massone e clientelare in cui l’Italia è precipitata fin dai tempi della sua unità. Vinta grazie al genocidio, a volte anche fisico, di una classe dirigente capace di guidare ed indirizzare adeguatamente il nostro paese. Trionfante al grido dell’ “uno vale uno!”. Chi vuole rivoluzionare il nostro paese deve cominciare proprio da qui: fare in modo che merito e competenza ritornino al loro posto. Io non ce l’ho con gli imbecilli. Di imbecilli la Terra ne è piena! Succede però solo in Italia che agli imbecilli li fanno comandare!!