Lavoro di qualità: quale futuro per le donne nel Mezzogiorno”, è il tema del convegno organizzato questa mattina da Cgil, Cisl e Uil nella sala convegni della Camera di Commercio di Basilicata a Matera.
L’occupazione femminile in Basilicata, a distanza di tre anni dallo scoppio della pandemia, risulta attualmente ancora quella maggiormente colpita dalle sue conseguenze, con una diminuzione del 3,4 per cento, al contrario di quella maschile che è cresciuta dell’1,5 per cento. Lo confermano gli ultimi dati della Banca d’Italia che sottolinea come “la dinamica negativa della forza lavoro ha determinato una riduzione del tasso di attività (al 56,4 per cento), che rimane di molto inferiore alla media italiana (65,3), soprattutto per la componente femminile (42,6 in regione; 56,2 in Italia)”. Nel 2021 il tasso di occupazione medio in Basilicata si attesta al 39,7% contro il 58,2% medio nazionale. Aumenta leggermente rispetto al passato ma ai numeri non corrisponde un miglioramento qualitativo della condizione della donna sia in termini di salario che di tutele contrattuali: i precari in Basilicata continuano ad essere i giovani e le donne, con una elevata percentuale di part time involontari per queste ultime, come spiegano gli ultimi dati Svimez.
Determinante l’apporto delle politiche di welfare, che appaiono del tutto inadeguate in Basilicata se si pensa alla scarsità di posti negli asili-nido, che sono il 14% a fronte della media italiana del 24% (dati Save the Children) o della presenza delle classi a tempo pieno, che si attestano al 48% ma con il 78,45% degli alunni delle primarie statali che non hanno un servizio mensa (dati Svimez). La Basilicata è agli ultimi posti per ciò che attiene i servizi di cura a supporto della genitorialità. I servizi per l’infanzia sono presenti nel 41% dei Comuni potentini e nel 32,3% di quelli materani, a fronte di una media nazionale del 58%.
In un tale quadro, è necessario che la Regione Basilicata si impegni concretamente affinché i divari di genere vengano superati realmente e che non restino solo intenti sulla carta. Mentre il 65% dei Comuni lucani non è riuscito a candidare progetti per gli asili nido, perdendo la grande occasione del Pnrr, il Piano strategico regionale ha fatto proprio l’obiettivo dell’Unione Europea dell’incremento di un 5 per cento dell’occupazione femminile entro il 2027. Un obiettivo che per essere raggiunto comporta azioni reali e incisive.
Per superare le criticità del rapporto donna e lavoro è necessario mettere a frutto con urgenza le ingenti risorse messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza ma anche dalla programmazione del nuovo ciclo di fondi europei 2021-2027. Oltre agli incentivi all’impresa e all’occupazione, servono politiche di potenziamento dei servizi di assistenza e cura all’infanzia, alla terza età e ai disabili per favorire la conciliazione vita-lavoro. È l’appello alla politica di Cgil, Cisl e Uil Matera ribadito questa mattina in occasione dell’iniziativa unitaria organizzata a Matera.
Di seguito l’intervento del segretario regionale della Cgil; Fernando Mega
“In Basilicata e nel Mezzogiorno il gender gap è tutt’altro che sanato. Mancano gli investimenti necessari per creare lavoro, rafforzare la coesione sociale e contrastare le disuguaglianze a partire dal sistema pubblico e a un Piano straordinario per l’occupazione pubblica, leva fondamentale in particolare per l’occupazione femminile e giovanile”.
“Le regioni del Sud ancora una volta non recuperano il gap che le separa dal resto del Paese quanto a occupazione e, soprattutto, quanto a occupazione femminile.
Al sud il tasso di occupazione femminile si attesta al 34,0% (rispetto al 51,4% nazionale) e si distanzia di ben 25 punti percentuali dal tasso di occupazione maschile, pari al 59,1% (pur sempre più basso di 10 punti percentuali rispetto al corrispondente dato nazionale). In Basilicata l’occupazione femminile è al 39,4%, con una riduzione dell’1,6% rispetto al 2021. “Un dato tra i più bassi in Italia – dichiara Mega – anche se in una posizione leggermente migliore rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno. Un gap che si esprime non solo in termini di occupazione, ma anche di qualità contrattuale e retributiva”.
In generale in Italia a penalizzare le retribuzioni femminili, oltre alla minore presenza nei ruoli dirigenziali, c’è una maggiore incidenza del lavoro part-time (svolto dal 31% delle donne, contro il 9% degli uomini) e di impieghi intermittenti o discontinui nel tempo, dovuti spesso alla necessità di conciliare il lavoro fuori casa con l’accudimento della famiglia. “Le regioni con il maggior tasso di occupazione femminile – sottolinea il segretario – sono quelle con più servizi per conciliare il lavoro in casa e quello fuori casa. E le donne che lavorano generano nuova occupazione femminile proprio nel settore dell’accudimento dell’infanzia, degli anziani e dei servizi alla persona.
La Basilicata non fa eccezione – prosegue Mega – Il dato è stato confermato dallo Svimez prima ma anche dal rapporto dell’Ispettorato del lavoro presentato in occasione dell’8 marzo: in Basilicata, nel corso del 2021, l’85 per cento di chi ha scelto volontariamente di abbandonare il proprio lavoro è donna e le ragioni sono da attribuire alla mancanza di sistemi di welfare aziendali e sociale. La carenza dei servizi pubblici nella nostra regione e la desertificazione dei servizi sociali, fa sì che il gender gap sia tutt’altro che sanato. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza si pone l’obiettivo di favorire la parità di genere attraverso un incremento sensibile dell’occupazione femminile, che dovrebbe essere realizzato anche con specifiche clausole di condizionalità, quote e vincoli nei bandi (in primis riservando alle donne il 30% dei posti di lavoro derivanti dai contratti pubblici finanziati dallo stesso Pnrr). Questi obiettivi sono stati però indeboliti dalle numerose deroghe previste dal legislatore nelle condizionalità dei bandi legati al Pnrr.
Oltre al Pnrr – conclude Mega – anche la legge di Bilancio 2023 non ha soddisfatto le aspettative, come purtroppo avevamo previsto. Mancano gli investimenti necessari per creare lavoro, rafforzare la coesione sociale e contrastare le disuguaglianze a partire dal sistema pubblico e da un Piano straordinario per l’occupazione pubblica, leva fondamentale in particolare per l’occupazione femminile e giovanile”.
Di seguito l’ntervento di Luana Franchini e Margherita Dell’Otto (Cis): “La rappresentanza di genere si fa con la presenza paritaria In Basilicata l’occupazione femminile è al 39,4% contro la media europea del 63%. La presenza delle donne nei luoghi istituzionali si aggira intorno al 20 per cento”.
Nel mezzogiorno la questione femminile è anche questione di qualità della democrazia, il divario di genere coincide con il divario territoriale, con una Italia divisa in due, infatti la media dell’occupazione femminile in Europa è pari al 63 per cento, in Basilicata nel 2022 è pari al 39,4 per cento, negli ultimi dieci anni è cresciuta di pochissimi punti e rispetto al 2021 si segnala anche una diminuzione dell’1,6 per cento, quindi il calo dovuto alla pandemia non è stato ancora recuperato. Ma il dato negativo di per sé (in Basilicata non lavora neanche una donna su due) mostra la sua ulteriore negatività se si pensa che è un dato inferiore di oltre 20 punti rispetto al tasso di occupazione femminile del nord Italia dove è del 60 per cento, con punte del 66 per cento in Trentino Alto Adige e più di dieci rispetto alla media italiana.
Immaginiamo quindi che tipo di democrazie e che tipo di società è quella in cui più della metà delle donne lavora, nella fascia 15-64, più della metà delle donne non ha un reddito proprio. Intorno al tema delle donne ruota la bassa spesa in politiche sociali in Basilicata, poco più di 100 euro pro-capite contro una media italiana di 150 euro con punte anche di 200 euro nel Nord, dove non a caso il tasso di fecondità e più alto del Sud. Questo significa che al Sud le politiche sociali si fanno in famiglia e le fanno le donne, sovraccaricandosi e tenendosi lontane dal mondo del lavoro anche per difficoltà di conciliazione.
Inoltre, nonostante la parità di retribuzione tra uomini e donne sia un principio cardine della Costituzione (articoli 3 e 37) e siano trascorsi quasi 40 anni dalla ‘legge Anselmi’ che ha abolito i differenziali contrattuali in vigore nel regime fascista, le donne in Italia e in Basilicata hanno più difficoltà degli uomini a trovare lavoro, a mantenerlo e a fare carriera. E questo poi si riproduce in una macroscopica sotto-rappresentanza delle donne, della loro voce, delle loro istanze e della loro impronta nei luoghi istituzionali di Comuni, Province, Regioni che si aggira intorno al 20 per cento, una sorta di quota minima e simbolica.
È come se la metà del mondo avesse una voce sottilissima, vendendo ridotti gli strumenti e la capacità per incidere nel cambiamento, innescando una spirale chiusa che si autoalimenta per cui a scarsa rappresentanza consegue scarso cambiamento e a scarso cambiamento scarsa rappresentanza. La rappresentanza di genere si fa con la presenza paritaria altrimenti è sotto-rappresentanza. La Basilicata deve uscire dalla dimensione della sotto-rappresentanza delle donne che la relegano in una condizione di arretratezza culturale e scarsa partecipazione democratica.
La fotogallery del convegno (foto www.SassiLive.it)