Sabato 11 giugno 2016 alle 18,30 a Matera nella piazzetta della Cittadinanza Attiva (via delle Beccherie) il Collettivodonnematera, in collaborazione con la Cgil di Matera e con la Funzione Pubblica Cgil di Matera, organizza un incontro pubblico per parlare della legge 194 del 22 maggio 1978,”Norme per la tutela della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.
Partecipano al dibattito Cristina Francesca Damiani, Marina Marceca e Patrizia Facco, ginecologhe dell’Associazione AMICA ( Associazione Medici Italiani Contraccezione Aborto)
Perchè si ritorna a parlare della Legge 194?
Ad aprile di quest’anno il Comitato Europeo dei Diritti Sociali ha affermato che in Italia, nonostante sia in vigore la legge 194, le donne hanno difficoltà ad accedere al servizio d’interruzione di gravidanza e che esiste una discriminazione nei confronti dei medici non obiettori. Questo pronunciamento è avvenuto a seguito del ricorso, in sede europea, presentato dalla Cgil. La risposta della ministra della sanità, Beatrice Lorenzin, è stata, a nostro parere, approssimativa e fuorviante.
La legge 194 nacque da un coro di donne che volle rendere pubblico un dramma femminile, quello dell’aborto clandestino: tante donne per abortire, oltre a vivere il dramma della clandestinità perchè colpevoli di un reato, mettevano a serio rischio i loro corpi e la loro salute. Nell’81 ci fu il referendum popolare che si pronunciò a favore del testo di legge.
La 194 riconosce alle donne il diritto di poter interrompere volontariamente la propria la gravidanza (nei tempi stabiliti), afferma che l’aborto non possa essere un mezzo per il controllo delle nascite, prevede che nei consultori, istituiti con la legge 405 del 1975, esista un servizio di prima accoglienza alle donne che intendano interrompere la gravidanza ed un percorso di sostegno, di uso della contraccezione e di prevenzione per evitare altri aborti. La stessa legge, inoltre, prevede che il personale sanitario ed ausiliario che non voglia rendersi disponibile a praticare l’ aborto possa dichiarare preventivamente la propria obiezione di coscienza. Quest’ultimo punto fu il risultato di una mediazione con la rappresentanza cattolica in parlamento.
Il pronunciamento del Comitato Europeo non aggiunge nulla di nuovo a quello che i movimenti delle donne denunciavano già da tempo, e cioè che l’obiezione di coscienza avesse raggiunto percentuali molto alte negli ospedali pubblici e che abortire potesse diventare una corsa ad ostacoli.
In questo incontro parleremo, quindi, di questi temi, perchè la salute psico-fisica della donna torni ad essere centrale nei dibattiti pubblici, affinchè si trovino delle soluzioni, e soprattutto affinchè i servizi alle donne come i consultori ritornino alla loro progettualità originaria ed integrata dalle esigenze delle nuove generazioni.
Affronteremo anche le stesse problematiche con un focus sulla realtà lucana, dove l’obiezione di coscienza è al 90%. Attualmente nella struttura di Policoro non si può più abortire, per cui in Basilicata solo gli ospedali di Matera e Potenza, con una percentuale alta di obiettori, possono accogliere le donne che decidono di interrompere la propria gravidanza.
Sono invitati le cittadine e i cittadini, rappresentanti istituzionali, operatori sanitari ed ausiliari e le associazioni interessate.