L’Osservatorio Migranti Basilicata in una nota racconta le difficoltà che riscontrano ogni goirno i braccianti africani nelle campagne lucane.
Di seguito la nota integrale.
L’inutile task force e i braccianti senz’acqua.
È la terza edizione di “Fuori dal ghetto”
a Venosa, una festa nata per rompere l’isolamento
nel quale vivono i braccianti africani nelle campagne lucane e per denunciare le loro con
dizioni di vita e di lavoro.
È l’occasione per fare il punto su cosa sta succedendo nelle nostre campagne.
Sono ormai più di venti anni che ogni estate arrivano centinaia di braccianti p
er la raccolta dei pomodori.
Vivono in casolari abbandonati, senza acqua corrente ed elettricità. Sono
sfruttati da parte dei caporali invaccordo con i produttori locali, vengono pagati a c
ottimo o con paghe da fame. Spesso si tratta di per sone che
fuggono da guerre e povertà, persone che andrebbero tutelate e che trovano nel lavoro nero in agricoltura l’unica fonte di reddito. Negli ultimi anni, molti arrivano anche dal Nord Italia dove avevano un lavoro regolare che hanno perso in questo periodo di crisi
economica.
Dopo la chiusura del centro di accoglienza di Palazzo San Gervasio (2009), la
Regione Basilicata ha messo in campo, per quattro anni, solo progetti di tamponamento del
l’emergenza(fornitura di acqua ai casolari e poco altro), utilizzando (male) denaro pubblico,
senza affrontare in maniera strutturale il problema dello
sfruttamento del lavoro.
Nel 2014, per la prima volta e con grande battage mediatico, la Regione ha messo in campo una
“task force”, affermando di voler realizzare un intervento stru
tturale: centri di accoglienza per i lavoratori stagionali, liste di prenotazione di bra
ccianti presso i centri per l’impiego, incentivi economici e bollini etici per le aziende che assumo no in regola.
Samo a fine agosto, i braccianti sono da settimane a Boreano, a Palazzo, a Montemilone. Molti altri stanno arrivando. La raccolta ormai è iniziata.Ma tutto è come al solito, anzi, peggio. I centri di accoglienza non ci sono. Inizialmente, erano previsti all’interno dei paesi, a
Venosa, Lavello, Palazzo. Bene: romperanno la segregazione in cui vivono i braccianti, pensavamo. Sbagliavamo. Poi, è stata annunciata una tendopoli
a Boreano. Male, abbiamo pensato: di nuovo un ghetto. E poi, nulla. Solo annunci. Forse i centri di accoglienza verranno attivati a raccolta finita?
Le liste di prenotazione non ci sono.
E se ci sono, non servono a nulla: le imprese agricole – quelle che non raccolgono con le macchine – continuano a preferire i caporali, molto più efficienti.
Alle imprese cosa importa delle condizioni in cui vivono i loro dipendenti? Nulla. Gli imprenditori migliori
pagano e non si curano di quanto alta sia la percentuale che prende il
capo nero sulle paghe dei braccianti. I peggiori, semplicemente, non pagano.
Anche nella raccolta 2014 il caporalato ha vinto.
Ma non è finita: nonostante un impegno di spesa di centinaia di migliaia di euro,
quest’anno non c’è neanche l’acqua davanti ai casolari in cui vivono i lavoratori!
Il Comune di Venosa si era impegnato a garantire almeno l’acqua: dov’è? Come possono
lavarsi i braccianti, una volta tornati dal lavoro nei campi?
(…in realtà, anche a questo pensano i caporali: 50 centesimi per 20 litri di acqua).
Chiediamo le dimissioni di questa inutile task force.
Chiediamo che venga garantita al più presto la fornitura di acqua ai braccianti.
Ago 24