“Non una semplice celebrazione, ma un pezzo di storia del lavoro, di democrazia e diritti nel nostro paese. Un traguardo frutto di una lunga stagione di lotte e di mobilitazione”. Così il segretario generale Cgil Basilicata Angelo Summa sulla celebrazione dei 50 anni dello Statuto dei lavoratori che si celebra il 20 maggio.
Nel marzo del 1969 Cgil, Cisl e Uil siglano un accordo per il superamento delle gabbie salariali. Sono anni di grandi trasformazioni produttive e di grandi conquiste nel mezzo delle quali si colloca un attacco senza precedenti alla democrazia, ai lavoratori, al sindacato: nelle stesse ore in cui il Senato approvava in prima lettura lo Statuto dei lavoratori si consuma la strage di Piazza Fontana. Il voto definitivo della Camera arriverà il 20 maggio del 1970.
“Con lo statuto dei lavoratori entra la democrazia in fabbrica – spiega Angelo Summa – Molte le novità introdotte sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra datori di lavoro, lavoratori e rappresentanze sindacali”.
Dalla libertà d’opinione del lavoratore, che sostanzialmente non poteva più essere discriminato o licenziato per il suo credo politico o religioso, al divieto per il datore di lavoro di ricorrere all’uso di impianti audiovisivi per controllare l’attività dei dipendenti; dal riconoscimento delle tutele e agibilità sindacali per poter svolgere la funzione di rappresentanza dei lavoratori senza essere oggetto di discriminazioni alle 40 ore settimanali; dal diritto all’assemblea retribuita nelle aziende all’introduzione del licenziamento ingiustificato. Infine, allo scopo di rendere effettivi tali diritti, la garanzia della stabilità del posto di lavoro, disponendo le tutele accordate al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo (art. 18).
“Per oltre quaranta anni l’impianto statutario originale ha retto alle profonde trasformazioni della società e dell’impresa – continua Summa – Nello scorso decennio la legge originaria ha subito, invece, diverse modifiche ma, di fatto, lo Statuto dei lavoratori costituisce ancora l’ossatura e la base del diritto del lavoro in Italia.
Certo, a distanza di mezzo secolo è cambiato un po’ tutto, dalle condizioni all’organizzazione del lavoro – aggiunge Summa – L’ambiente e la salute sono diventati due fattori essenziali della vita in fabbrica, più in generale è mutata la stessa struttura produttiva e così i rapporti interni alle aziende. Al tempo stesso il lavoro è stato frantumato, atomizzato a causa delle esigenze di un mercato del lavoro mosso da accelerazioni organizzative impensabili solo fino a qualche anno fa.
Sono stati anche anni di sconfitte sindacali e di peggioramento delle condizioni di lavoro per effetto della globalizzazione non regolata che ha inflitto ai lavoratori dei paesi più sviluppati un peggioramento delle condizioni salariali e un arretramento nella azione di rivendicazione. Ciò anche a causa di una lunga stagione neoliberista portata avanti da una gran parte della sinistra europea, compresa quella italiana, nell’illusione che maggiore flessibilità nel mercato del lavoro avrebbe portato più occupazione”
Il risultato di tutto ciò, secondo il segretario regionale della Cgil, è oggi sotto gli occhi di tutti: “Dal Job Act alla precarizzazione ai voucher e al lavoro a chiamata – afferma Summa – i lavoratori sono stati trascinati in una condizione di sfruttamento e peggioramento delle tutele e delle condizioni di vita e di salario e l’articolo 18 è stato solo la punta dell’iceberg.
Per questo va ricostruito il mondo del lavoro assumendo la carta dei diritti universali quale obiettivo per ridare dignità a tutti i lavoratori. Una proposta di legge per un nuovo Statuto sulla quale abbiamo raccolto un milione di firme – spiega ancora il leader sindacale della Cgil Basilicata – che rappresentano la cartina di tornasole dei bisogni sociali che attendono risposte. Riscrivere un nuovo Statuto dei lavoratori è necessario per accorciare le distanze tra un mercato del lavoro fatto di regole schiacciate sulla precarietà e i reali bisogni dei lavoratori oltre a quelli di chi un lavoro non ce lo ha o lo ha perso”.
Con il nuovo Statuto, costituito da 97 articoli, la Cgil vuole innovare gli strumenti contrattuali preservando quei diritti fondamentali che devono essere riconosciuti ed estesi a tutti, senza distinzione, perché inderogabili e universali. Diritti che vanno dal compenso equo e proporzionato alla libertà di espressione, dal diritto alla sicurezza al diritto al riposo, ma anche alle pari opportunità e alla formazione permanente, un aggiornamento costante di saperi e competenze. Un nuovo statuto, dunque, per riunificare diritti ed estenderli a chi oggi ne è privo, come risposta organica alla legislazione intervenuta negli ultimi venti anni. Una rivoluzione culturale che superi il concetto stesso di dualismo tra rapporti di lavoro autonomo e subordinato che va ripensato alla luce dei nuovi modelli economici che avanzano.
“E questo è tanto più vero oggi – conclude Summa – in quanto la pandemia da covid ci ha messo di fronte alla necessità di ripensare la stessa organizzazione del lavoro, in ogni ambito e di ripensarla in modo sempre più indissolubilmente legato alla tutela del diritto alla salute e dell’ambiente”.