Negli oltre 260 agriturismi e punti di ristoro della Basilicata oggi Lunedì dell’Angelo è stata la giornata degli Agrichef a cui si sono affidati con fiducia alcune migliaia di utenti. Ma chi è l’Agrichef? Intanto si tratta di una definizione che vanta già innumerevoli casi d’imitazione (ma il marchio originale depositato è della Cia). Quelli che hanno ottenuto il riconoscimento sono poche centinaia finora. L’Agrichef è un cuoco/cuoca di comprovata abilità ed esperienza che esercita il suo mestiere all’interno della cucina dell’agriturismo. Può essere il titolare d’azienda, un elemento della famiglia ma anche un esterno che però si impegna a trasformare principalmente produzioni agricole aziendali, o di prossimità, nel rispetto della stagionalità e utilizza nella realizzazione delle pietanze ingredienti legati alla tutela della biodiversità. Questo per favorire, attraverso il consumo di specifici prodotti, la costante coltivazione dei medesimi preservandoli dal rischio dell’estinzione. Un processo virtuoso, quindi, per l’agricoltura nel suo complesso, che rifugge la standardizzazione delle produzioni, mirando all’esaltazione delle differenze anche a discapito delle convenienze sulle rese “quali-quantitative”.
Sono soprattutto le numerosissime donne ai fornelli delle cucine delle nostre aziende di ospitalità rurale e – spiega Matilde Iungano che oltre ad essere presidente di Donne in Campo Cia e lei stessa chef – i primi custodi di questi valori e portano sulle tavole un menù autenticamente contadino dove non possono mancare i fagioli di Sarconi, proposti in tanti piatti diversi, i cruschi di Senise, i formaggi locali, la pasta in casa, le verdure di stagione e la carne podolica. Siamo orgogliosi di avere proposto questi menù all’Expo di Milano e posto l’accento sul valore agricolo in tavola -continua – e c’è soddisfazione nel constatare che anche altre organizzazioni agricole ora replicano il nostro progetto, assumendo la denominazione di Agrichef. Perché il primo scopo è dare valore all’agricoltura offrendo attraverso i nostri menù biodiversi un’occasione di consapevolezza al consumatore. E – sottolinea Matilde Iungano – vi è un’ulteriore ragione per cui rilanciare il mangiare secondo campagna non solo a Pasquetta diventa decisivo. In questa prassi gastronomica si ha la dimostrazione della centralità dell’impresa agricola che dal campo al piatto chiude la filiera e che, dal campo al piatto, trasforma la coltura in cultura, assicurando il giusto reddito all’impresa medesima. Un protocollo che vale sommamente in Italia ma che la Cia ha l’ambizione di proporre a tutti gli agricoltori del mondo che possono, attraverso l’esperienza gastronomica, comunicare al consumatore il valore del lavoro agricolo, il sapore delle materie prime agricole -e qui la biodiversità gioca un ruolo fondamentale- che si fanno buon cibo, cioè sano sostenibile e funzionale, e il calore del contesto rurale dove alimentarsi torna ad avere lo spessore della convivialità e della consapevolezza”.
E proprio nella giornata di Pasquetta la Cia annuncia la seconda edizione del Festival degli Agriturismi italiani dopo la prima che si è svolta all’Expo di Milano. Nel 2016 non cambia il format che si è rivelato vincente: contaminazioni regionali nelle cucine degli agriturismi. Trenta aziende laziali ospiteranno, quindi, altrettanti Agrichef provenienti dalle tutte regioni d’Italia per dare vita, assieme, a menù straordinari e degustazioni per gli appassionati dei piatti di campagna e che vogliono distinguersi e mettere in risalto le loro peculiarità rispetto a quelle dei più famosi chef “stellati”, diventati nell’immaginario delle vere e proprie star. Gli agrichef sono i testimonial oltreché i produttori di questa cucina di campagna che trae dalla biodiversità la materia prima, esalta la ruralità e narra del saper fare agricolo. Da sempre la cucina si è nutrita di apporti di materie prime di diverse provenienze ed un assurdo predicare l’autarchia gastronomica. Tuttavia, poiché la cucina è il risultato del prodotto e del processo, la contaminazione può dare luogo a un piatto del tutto nuovo e autonomo che è risultato della sapienza di chi ha coltivato e dell’abilità di chi ha cucinato. Diciamo che gli Agrichef – conclude Iungano – sono contemporaneamente come agricoltori i custodi di questa biodiversità e come cuochi e cuochi i comunicatori attraverso il linguaggio dei sensi del valore della biodiversità e dell’agricoltura.
Mar 28