Puntuale, come ogni anno, è stato pubblicato il rapporto “Io Sono Cultura” di Fondazione Symbola, rapporto annuale redatto in collaborazione con UnionCamere che analizza i dati del sistema produttivo culturale e creativo italiano. Puntali, come ogni anno, siamo qui a interrogarci sul ruolo delle industrie culturali e creative rispetto all’economia italiana e più direttamente alla dimensione della nostra regione e della nostra città.
Il settore delle industrie culturali e creative in dettaglio
Ricordiamo che il macro-settore creatività e cultura comprende differenti comparti: teatro, danza, musica, festival, cinema, editoria, media e multimedia, audiovisivo, digitale e ICT, industria dei videogame, software, design, comunicazione, architettura, made in Italy, gestione dei siti e beni culturali, arti visive, gestione dei luoghi dello spettacolo, valorizzazione dei territori e dei patrimoni culturali, innovazione sociale, nuovi servizi e consulenze/formazione con pratiche ad alto contenuto creativo. È un settore fortemente trainante per l’Italia che, pur non avendo sempre strategie e strumenti gestionali strutturati, riesce a generare circa 90 miliardi, a cui si aggiungono gli oltre 250 mld dell’indotto. parliamo del 17% di tutta la ricchezza del nostro paese, che genera ricchezza in molti altri settori chiave dell’economia italiana, dal turismo al Made in Italy. Per non parlare di tutte quelle attività produttive che attingono alla cultura e creatività per generare innovazione e migliorare le capacità produttive e di vendita.
L’impatto di cultura e creatività
Se pensiamo a come la creatività è diventata “strumento necessario” per affrontare il cambiamento socio-economico nell’epoca in corso, non è neanche immaginabile quanto questo settore possa potenzialmente essere generativo di nuove forme di economia e di nuovi posti di lavoro, oltre che provocare cambiamenti sociali e introdurre nuovi modelli economici come la sharing economy già testimonia. Per farlo, chi si occupa di cultura e creatività dovrebbe contaminare altri settori produttivi, ridando forza ed energia agli stessi; la storia ci insegna che anche la contaminazione nelle Comunità ha provocato notevoli cambiamenti socio-culturali di interi territori.
Oltre a generare valore per le Istituzioni e le oltre 400.000 imprese attive in Italia, il settore delle industrie culturali e creative cresce a vista d’occhio, specie se se si contano i freelance che sempre di più decidono di avviare un’impresa creativa. Serve, però, supportare la nascita di ecosistemi innovativi, ampliando la visione alle diverse declinazioni che creatività e cultura possono generare sull’economia del nostro Paese. In questo bisognerebbe importare, in qualche modo, alcuni modelli europei vincenti, tipo quello inglese; è urgente inoltre svecchiare la classe dirigente, che spesso non riesce a guardare oltre la pur utile conservazione e tutela e non si apre a collaborazioni innovative che potrebbero rappresentare la vera svolta.
Infine, bisognerebbe evitare che il settore venga rappresentato solo da quella parte di operatori che non si innova e continua a proporre una visione di cultura e creatività decisamente superata e ormai poco sostenibile.
L’Europa ci spinge sempre di più ad azioni concrete per valorizzare le industrie culturali e creative stimolando, tramite i suoi programmi, la nascita di partenariati pubblico privati e provocando la nascita di alleanze e collaborazioni in forme di cluster e reti produttive (vedi le nomine delle capitali europee delle cultura). Serve innovarsi e i paesi dell’UE hanno ormai capito che l’ingrediente segreto è investire in cultura e creatività.
La sfida da non perdere con Matera2019
Oramai è chiaro che non dobbiamo perdere l’enorme opportunità generata dalla sfida di Matera-Basilicata 2019, ma è altrettanto chiaro che la classe dirigente non ha competenze e visioni perché tutto ciò si traduca in una trasformazione socio-economica del contesto materano e lucano. Come in passato, la presenza di artisti e innovatori in città ha provocato il riscatto e la rigenerazione urbana di Matera, si dovrebbe oggi riproporre questo modello e far in modo che sia la vera ricetta culturale per la Capitale Europea, che dovrebbe far tesoro di tre ingredienti fondamentali: cultura rigeneratrice, creatività innovatrice e tradizione/sapere delle Comunità.
Dobbiamo immaginare nuovi investimenti e nuovi percorsi per Matera e per la Basilicata, che guardino in maniera innovativa ai settori già trainanti (turismo, agricoltura, piccola industria) e si dedichino a far nascere e/o ad accogliere uno o più comparti del settore delle industrie culturali e creative per diventare polo d’eccellenza internazionale, ruolo che magari potremmo avere nel settore dell’ITC e dell’innovazione per il recupero, la valorizzazione e la fruizione dei Beni Culturali.