“La manovra sulle pensioni penalizza tutti, soprattutto i nostri giovani, che vedono così sempre più lontana la speranza di un futuro migliore. E in una regione come la Basilicata, dove i dati sullo spopolamento e sulla migrazione dei cosiddetti cervelli in fuga è in crescita soprattutto all’estero, le decisioni del governo Meloni accelereranno la desertificazione già in atto”. È l’allarme lanciato dal segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega.
“Con le misure previdenziali contenute nel testo bollinato della legge di Bilancio – aggiunge Mega -non solo si sposta il traguardo pensionistico per tutti, ma non ci sono risposte per giovani, donne e per chi è attualmente in pensione. Da un’analisi dell’Ufficio di previdenza della Cgil risulta che con ‘quota103’ vi è un taglio con il ricalcolo contributivo che può raggiungere il 17,2% della pensione e un mancato guadagno calcolato sull’attesa di vita che può arrivare a 111.231 euro per un lavoratore che ha una retribuzione lorda da 50 mila euro e a 51 mila euro per una retribuzione da 25 mila euro.
Chi guadagna 25mila euro prima avrebbe avuto una pensione di 1.750 euro che ora scende però a 1.570 euro, il 10% in meno (che in 22 anni di pensione valgono oltre 51mila euro). Per uno stipendio da 50mila euro la penalizzazione con la nuova “quota 103” diventa di 475 euro (un calo del 17,2%). Ci perderà dal 2024 chi va in pensione con pochi anni di anzianità retributiva: per esemplificare, il danno sarà minimo per chi ha cominciato a lavorare almeno nel 1983 (e quindi ha 12 anni di quota retributiva), mentre salirà via via nei prossimi anni”.
Per Mega “sarà più difficile anche per i giovani accedere alla pensione, condannati ad attendere da 71 anni in avanti visto che aumentano la soglia di importo da raggiungere a 64 anni di età, fino a 3 volte il trattamento minimo (circa 1.600 euro nel 2024)”. Quanto a Opzione donna “questa viene totalmente azzerata – precisa Mega – con l’aumento del requisito da 60 a 61 anni e la conferma delle condizionalità peggiorative previste lo scorso anno, causando la disperazione di tante lavoratrici che hanno l’esigenza di uscire dal mercato del lavoro per rispondere all’endemica mancanza di servizi pubblici, specie nel Mezzogiorno e in Basilicata, dove quindi l’occupazione femminile tenderà certamente a peggiorare. Non saranno più necessari dal 2025 nemmeno 42 anni e 10 mesi (uno in meno per le donne), visto il legame con l’attesa di vita. Altro che 41 anni di contributi per tutti come assicuravano i partiti di questa maggioranza. Anche Ape sociale viene peggiorata con un incremento da 63 anni a 63 anni e 5 mesi del requisito età, escludendo circa 5 mila invalidi, car giver, disoccupati o lavoratori gravosi da questa misura”.
C’è poi la questione della modifica delle aliquote di rendimento per i pubblici, “che per la Cgil è sbagliata e incostituzionale – chiosa il segretario generale della Cgil lucana – è inaccettabile che dopo il tanto lavoro svolto dalle lavoratrici e dai lavoratori anche durante il Covid, a partire da quelli del comparto sanità, questa sia la ricompensa dell’Esecutivo che per queste manovra ha letteralmente preso 21 miliardi dalla casse previdenziali dei lavoratori dipendenti. Un motivo in più per aderire agli scioperi proclamati insieme alla Uil e partecipare alle manifestazioni che a partire dal 17 novembre si terranno in tutte le regioni d’Italia, Basilicata compresa”.