Nei mercatini di Natale è il trionfo dei prodotti agro-alimentari locali e di qualità specie quelli trasformati direttamente in azienda, oltre che a rappresentare un’opportunità per preparare ceste natalizie con i prodotti del territorio, per acquistare ceste già pronte o per comporre il proprio regalo direttamente sul posto con prodotti freschi o confezionati. A sottolinearlo è la Cia lucana che partecipa con i suoi associati a numerosi eventi-mercato per le festività natalizie. La novità – riferisce la Cia – è l’entrata in vigore oggi, 13 dicembre, del pacchetto di norme previste dal Regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alle informazioni fornite ai consumatori sugli alimenti.E’ scattato l’obbligo della dichiarazione nutrizionale sull’etichetta degli alimenti che si applica a tutti i prodotti confezionati che da ora devono indicare anche le informazioni relative a: valore energetico, quantità di grassi (di cui gli acidi grassi saturi), carboidrati (di cui gli zuccheri), proteine e sodio, espressi per 100 grammi o 100 millilitri di prodotto, e facoltativamente anche per porzione.
Il regolamento comunitario 1169/2011 prevede anche alcune esenzioni dall’obbligo della dichiarazione nutrizionale:i prodotti non trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti; rientrano in questa categoria, ad esempio, gli ortofrutticoli di III gamma (frutta e verdure surgelate) e quelli di IV gamma (ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo) che non hanno subito alcun trattamento o alcuna aggiunta di ingredienti all’infuori della stessa categoria, ortaggi o frutta, ad esempio un mix di ortaggi freschi lavati, tagliati e confezionati o anche surgelati;i prodotti trasformati che sono stati sottoposti unicamente a maturazione e che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti; rientra in questa categoria, ad esempio, l’uva passa;le piante aromatiche, le spezie o le loro miscele;gli alimenti confezionati in imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 25 cm quadrati;gli alimenti anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale.
Per la Cia – afferma il direttore regionale Donato Distefano – l’obiettivo resta quello di conciliare la duplice esigenza di rispettare le direttive europee in materia di sicurezza e qualità alimentare e consentire ai produttori di poter svolgere in azienda l’attività di trasformazione dei prodotti. Per questo siamo in attesa di una normativa specifica a partire dalla proposta di legge a iniziativa dei consiglieri Cifarelli e Romaniello che è un buon strumento per affrontare e superare norme eccessivamente burocratiche che impediscono la possibilità concreta di un miglioramento reddituale degli imprenditori”. “Le difficoltà e gli ostacoli per trasformare i prodotti in azienda – sottolinea ancora – sono tanti che in troppi casi scoraggiano piccoli agricoltori specie nelle aree di montagna a diventare produttori. Un esempio: anche un vasetto di marmellata biologica prima di essere venduto direttamente al consumatore deve superare un complicato iter burocratico. Per questa ragione la nostra prima parola d’ordine è semplificazione”.
“Quello delle piccole produzioni agroalimentari lucane -spiega il direttore della Cia lucana- è un segmento diffuso e importante che caratterizza e rafforza il settore primario anche in Basilicata; infatti sono sempre di più le aziende di ogni dimensione che decidono di chiudere la filiera al proprio interno e che rivendicano su tale materia un quadro di riferimento normativo puntuale, chiaro, agibile. In particolare, nella nostra regione, risultano oltre 23.000 le aziende con meno di 2 ettari di SAU, oltre 15.000 gli allevamenti da cortile e suinicoli prevalentemente per autoconsumo e piccole trasformazioni familiari, oltre 5.000 le aziende vitivinicole con superficie sotto le 30 are, 33.000 quelle olivicole, circa 15.000 gli orti familiari, solo per citare i numeri a volte inespressi e che rappresentano un tessuto produttivo nascosto e silenzioso che sorregge molte famiglie della comunità lucana. Tali aziende – osserva Distefano- spesso producono alimenti tradizionali di elevata qualità e tipicità con ricadute non solo sulla microeconomia ma su fattori determinanti quali il presidio del territorio (specie montano), la ruralità, il paesaggio agrario, l’agriturismo. I quantitativi per la vendita, che avviene prevalentemente in ambito locale e di prossimità, sono di modesta entità, in quanto tali produzioni hanno assolto fino a oggi al prioritario obiettivo dell’autoconsumo familiare. Sempre più tali produzioni per le intrinseche proprietà anche nutrizionali sono apprezzate e sempre più ricercate. Le aziende interessate a queste attività sono solo apparentemente marginali -ha concluso Distefano- e invece svolgono una strategica funzione di mantenimento della biodiversità, di presidio e difesa del territorio, di preservazione delle risorse naturali, di tutela del paesaggio agrario e dell’enogastronomica e, in generale, della cultura e delle tradizioni locali”.
Dic 13