Se ancora qualcuno nutriva qualche dubbio la recente indagine commissionata dalla CNA a IPSOS conferma la sempre più difficile relazione tra le imprese e la politica in tempo di crisi. Questo è quanto afferma Leo Montemurro Segretario regionale CNA.
“La crisi sembra colpire sempre molto forte il mondo dell´impresa, la maggior parte delle imprese si sente all´apice della crisi o teme che il peggio debba ancora arrivare. La politica appare assente, poco interessata ai temi dell´impresa, specie della piccola e media impresa, degli autonomi e degli artigiani. Questa perdurante situazione di difficoltà evidenzia ancora di più la notevole distanza fra imprese e politica: le imprese – senza grandi distinzioni di settore, territori e dimensioni – ritengono la classe politica poco attenta all´economia ed al loro mondo (per più dell´80% essa ha un´attenzione insufficiente o nulla). Ciò sarebbe dovuto soprattutto all´incapacità ed alla scarsa preparazione (86%), alimentato anche da un certo disinteresse generale degli Italiani all´economia (7%). Alcuni fanno risalire tale olimpico distacco sia alla passata presenza dello Stato dell´economia, che non ha abituato i politici all´idea di gestire un´economia decentrata, sia ad una certa incapacità o poco interesse del mondo imprenditoriale nel comunicare le proprie esigenze.
Continua Montemurro “se le aziende, gli artigiani ed i lavoratori autonomi potessero dettare l´agenda ideale della politica, al primo posto troveremmo nettamente i temi fiscali: soprattutto riduzione delle imposte (soprattutto per l´artigianato di servizio, il commercio ed i servizi) ma anche contrasto all´evasione (specie per gli autonomi). Al secondo posto troveremmo il credito (soprattutto per autonomi che lo hanno come priorità), quindi il sostegno alle imprese (per industria e PMI). Le PMI punterebbero maggiormente sulla apertura del mercato del lavoro.
Rispetto agli interventi più attesi nell´ordine fisco, con meno tasse e lotta all´evasione, il credito con maggiori e più proficue relazioni con le banche, lo smobilizzo dei crediti verso la PA, il lavoro con la, riduzione del cuneo fiscale e una maggiore flessibilità, il sostegno alle imprese attraverso la ricerca e l `innovazione e, per concludere, l´export.
Da tutte le informazioni raccolte in occasione della ricerca, conclude Montemurro, possiamo comunque calcolare che poco meno di un´impresa su 2 è pessimista sul futuro (48%), anche se solo l´11% teme la chiusura, il 35% sono invece ottimiste ed il restante 17% sono attendiste. Infatti, pur
potendo contare poco sull´appoggio della politica per ridurre il carico fiscale, problema che opprime imprese e lavoro, non poche imprese risultano ottimiste. Questo ottimismo si basa in prevalenza su proprie capacità: per i più piccoli nel selezionare meglio i clienti, per i maggiori in una crescente apertura all´estero ed in un allargamento dell´offerta. Sempre sperando che – prima o poi – aumenti anche la domanda interna e che la politica si accorga dei nostri problemi.