“Dopo i disastrosi risultati sul piano dell’occupazione specie giovanile e sulle politiche industriali e produttive derivanti dalla spesa in Basilicata dei fondi comunitari, solo l’Agenzia per la Coesione ci può salvare, anche se il prezzo da pagare per la nostra come per tutte le altre Regioni sarà l’accentramento di alcune funzioni da parte dell’Agenzia”. E’ il commento del capogruppo del Pdl in Consiglio Regionale Michele Napoli sottolineando che “alla base della scelta del Governo è del tutto evidente l’incapacità amministrativa e gestionale che ha polverizzato innumerevoli risorse che potevano cambiare le sorti di molti territori e, in particolare, nel Mezzogiorno costantemente in ritardo nella buona programmazione. Per quanto riguarda la Basilicata il cosiddetto pacchetto di misure per la formazione e il lavoro contenente ben 29 milioni di euro di fondi comunitari – aggiunge – conferma che la Giunta di centrosinistra, pur di spendere ed evitare il rischio di disimpegno automatico, persevera in interventi di natura assistenziale e nella logica della spesa a pioggia. Del resto – è l’interrogativo del capogruppo Pdl – come non giudicare negativamente lo scorrimento della graduatoria “Work Experience”, la destinazione di altri milioni di euro per “Un ponte per l’occupazione”, le misure di sostegno-elemosina all’autoimprenditoria del terzo settore?”.
Per Napoli, inoltre “poiché l’Agenzia si occuperà del sostegno e dell’ assistenza tecnica alle amministrazioni interessate nella gestione dei programmi, sia attraverso attività di formazione specifica del personale, sia con apposite strutture di sostegno alle amministrazioni, per quanto riguarda in particolare la gestione degli appalti pubblici, la Regione Basilicata dovrà mettere fine alla stagione delle società interinali o del ricorso alle convenzioni con strutture e enti per “piazzare” qualche centinaio di giovani convenzionati. Proprio come dovrebbe accadere – dice ancora il capogruppo Pdl – con il recente Progetto “Affresco” che l’Assessore Falotico ha affidato al Formez sempre per assistenza tecnica, mettendo le mani già sulla nuova programmazione comunitaria 2014-2020 che spetterà, ci auguriamo, ad un altro Consiglio e ad un’altra Giunta.
E’ pertanto più che condivisibile, sulla base dell’esperienza maturata in Basilicata nel precedente sessennio, l’obiettivo del Governo di rafforzamento delle politiche di coesione territoriale e di miglioramento dell’utilizzazione dei Fondi europei, aggiungendo che nel quadro dei provvedimenti che riguardano la pubblica amministrazione si inseriscono anche alcune norme che hanno l’obiettivo di rendere più efficace l’uso dei fondi europei, sia dal punto di vista della capacità di spesa che da quello della qualità della spesa stessa, come è stato anche raccomandato dalla Commissione europea. Per rispondere a questa esigenza è necessario potenziare il coordinamento e il controllo sull’uso dei fondi, obiettivi che comportano un rafforzamento della capacità di governo nazionale ed una decisa svolta da parte dei governi regionali.
Ben venga dunque l’Agenzia se – conclude Napoli – garantirà maggiore e più rigoroso controllo sulla spesa e, fattore non certo secondario, reale monitoraggio sui risultati da raggiungere specie per l’occupazione, l’imprenditoria, i servizi sociali e civili”.
“L’istituzione dell’Agenzia di Coesione decisa dal Governo Letta risponde ad una delle sollecitazioni della UIL per la prosecuzione della spesa dei fondi UE. Altre riguardano: interventi per una politica di reindustrializzazione attraverso incentivi alle imprese legate a tenere la produzione in loco; partecipazione ad appalti pubblici con bandi preconfenzionati con premialità per le aziende locali; “sburocratizzazione” del sistema delle autorizzazioni con riduzione dei tempi di attesa per aprire aziende e contestuale rafforzamento dei controlli in itinere”. E’ quanto sostiene il segretario regionale della UIL Carmine Vaccaro che aggiunge: “secondo i dati della spesa certificata Ue al 31 maggio scorso la Regione Basilicata ha recuperato in parte il ritardo raggiungendo quota 59,2% per il Programma Fondo Sociale Europeo e 49,1% per il Programma Fesr. I dati, in linea con quelli dell’ultimo rapporto del Servizio Politiche Territoriali UIL del giugno scorso – dice Vaccaro – non ci tranquillizzano del tutto rispetto al superamento del rischio disimpegno. Ci troviamo in perfetta sintonia con il Commissario europeo Johannes Hanh, quando auspica che i fondi strutturali europei potrebbero essere utilizzati per mitigare il fenomeno della disoccupazione, ma vorremmo che si passasse finalmente e rapidamente “dalle parole ai fatti”. Non c’è dubbio che tutte le Regioni, nonostante i progressi degli ultimi due anni, siano in forte ritardo nell’impiego di tali risorse, ma occorre che istituzioni europee ed italiane riprogrammino insieme tali risorse con progetti mirati realmente a favorire l’occupazione in generale ed in particolare quella femminile e giovanile. Sarebbe opportuno, infatti – continua Vaccaro – intervenire sulle regole per poter anticipare i progetti utilizzando le risorse non spese per avviare, concretamente, le disposizioni del “pacchetto europeo per i giovani”, defiscalizzando le nuove e buone assunzioni. Così come sarebbe necessaria una riformulazione del Patto di stabilità europeo, che scorpori una parte degli investimenti per l’occupazione femminile e giovanile dal calcolo del deficit strutturale. In tempi di crisi, come ci insegnano gli economisti – afferma il segretario UIL – il settore in cui sarebbe possibile creare subito nuovi posti di lavoro è quello dell’edilizia: riqualificazione dei centri urbani, messa in sicurezza degli edifici, efficientamento energetico ecc.. Inoltre, molto si può fare anche attraverso il dialogo tra imprese, sindacati e governo per finanziare “contratti straordinari di accesso al lavoro” di giovani, soprattutto nel Sud. Si tratta, nel merito, di una proposta che, per un periodo di 5 anni, può prevedere, temporaneamente, una deroga ai contratti nazionali di categoria, livelli di salario di accesso per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. Le imprese che assumeranno con tale tipologia contrattuale, dovranno garantire la stabilità della base occupazionale esistente e il reinvestimento dei risparmi anche in ricerca e innovazione. Questo processo potrà e dovrà essere gestito con la contrattazione nazionale e territoriale, mentre lo Stato con risorse proprie dovrà garantire, per questo periodo, la piena contribuzione figurativa”.