Le famiglie lucane per le festività non rinunceranno ai cibi della tradizione e riempiranno il carrello della spesa. Forse anche troppo. Con il rischio che molti prodotti andranno sprecati. In pochi giorni potrebbe andare perso un più 9,5% del valore del cibo in surplus che verrà acquistato negli ultimi giorni di dicembre.La stima è della Cia-Agricoltori Italiani che rilancia la campagna “la cultura contadina non conosce lo spreco”. In prima fila nella campagna ci sono le imprenditrici della Cia “Donne in Campo” che sono le custodi delle ricette per il riutilizzo dei cibi che avanzano specie dalle tavole di Natale.
Gli agricoltori – spiega Donato Distefano, direttore regionale Cia – non gettano mai niente dei prodotti della terra e del loro lavoro: anche quelli meno presentabili, quelli “brutti”, sono tutti buoni. I bitorzoli di una verdura, qualche ammaccatura in un frutto, è una questione di estetica non di qualità. Così come in cucina, dove si può dare valore anche agli avanzi della tavola, con le ricette contadine che usano ciò che resta del pasto per ri-creare piatti eccezionali. Le famiglie lucane, in media, buttano nei rifiuti tra i 18-20 euro al mese di alimenti ancora commestibili (la media nazionale è di 28-30 euro al mese/famiglia). Uno scandalo dal punto di vista economico ed etico, soprattutto se si pensa che nell’ultimo anno sono aumentate le famiglie lucane che sui rivolgono alla Caritas per ritirare aiuti alimentari o essere ammesse alle mense.
Su tutto il territorio regionale quella di recuperare la frutta e la verdura “brutta” è una prassi ormai consolidata degli agricoltori che fanno vendita diretta. Perfino quando si va a fare la spesa, più che alla qualità, spesso si bada ai dettagli estetici: il colore di un frutto, qualche ammaccatura sull’ortaggio. Da qui lo spreco, lo scarto, con il 20% circa del cibo sugli scaffali dei supermercati che finisce nel bidone.Noi invece – dice ancora Distefano – insegniamo ai consumatori che vengono in azienda, nei mercatini degli agricoltori, che una mela un po’ rovinata certo non è una mela cattiva, che fino a cinquant’anni fa i nostri nonni mangiavano prevalentemente frutta e verdura brutta ma buona”. Qui sta anche il valore per così dire didattico della vendita diretta, che consente di far dialogare direttamente il consumatore con il produttore.
“C’è bisogno di più consapevolezza da parte di tutti sulla questione –dice il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino-. Nonostante dal 2008 a oggi le cifre dello spreco alimentare sono diminuite del 30% in Italia, complice anche la crisi, finiscono ancora nella spazzatura 5 milioni di tonnellate circa di prodotti commestibili l’anno. Una vergognanon solo da un punto di vista socioeconomico, ma anche da quello ambientale: basti pensare che una sola tonnellata di rifiuti organici genera 4,2 tonnellate di Co2″.E anche a tavola bisogna recuperare il valore del “non spreco”. Proprio con queste finalità è nata l’iniziativa “La cucina degli avanzi attraverso le ricette contadine”, per dimostrare quanto cibo si può e si deve riutilizzare evitando il facile gesto del gettare via. Il primo consiglio che dà l’organizzazione per le festività può sembrare banale, invece è di grande utilità per una spesa ragionata: scrivere una lista accurata dei beni alimentari prima di recarsi nei punti vendita per evitare di ritrovarsi nelle buste cibi che non verranno poi utilizzati. La seconda indicazione che giunge dalla Cia è di stampo solidale: in dieci giorni di festa le famiglie italiane spenderanno in media per la tavola una cifra intorno ai 300 euro, con una movimentazione complessiva pari a 3 miliardi di euro circa. Basterebbe che ogni famiglia acquistasse almeno un prodotto enogastronomico proveniente della aree terremotate dell’Appennino centrale per dare un’iniezione di fiducia alle aziende colpite dalla tragedia del sisma.
Dic 20