Nuovo codice degli appalti, Vincenzo Maida (Centro Studi Jonico Drus): “L’aumento del malaffare e del clientelismo più che un rischio é una certezza”. Di seguito la nota integrale.
Il nuovo codice degli appalti approvato dal Consiglio dei Ministri e che, in un non raro assalto di megalomania, il leader della Lega ha battezzato come il “Codice Salvini”, manco fosse il “Codice Rocco”, per l’incremento del malaffare, del clientelismo, del voto di scambio e del nepotismo, soprattutto nel Sud Italia, più che un rischio, come ha denunciato il presidente dell’Autorità anticorruzione (Anac) Giuseppe Busia, è una certezza.
Le gare sotto 150 mila euro per i piccoli comuni del Sud Italia, infatti, rappresentano un boccone troppo ghiotto per resistere alla tentazione di affidare i lavori all’amico, al sostenitore politico, al cugino, al cognato o comunque a qualcuno vicino alla rete politica del sindaco o dell’assessore.
Chi scrive si è cimentato per molti anni nel ruolo di amministratore di un comune del Sud Italia, quasi sempre all’opposizione e per un breve periodo in maggioranza come Assessore ed ha potuto verificare come nella pubblica amministrazione neanche l’acquisto di un ago, la pulizia delle erbacce o quella dei liquami dai tombini delle fogne, sfugge alla ferrea logica del voto di scambio.
Se la legge consente fino a 150.000 euro di bypassare le gare di appalto, di fatto legalizza la pratica clientelare.
Il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, lamentava alcuni sere addietro che nella sua regione, già i provvedimenti di emergenza emanati a causa della pandemia, come la realizzazione di un ospedale e di un hub vaccinale nell’area della Fiera del Levante, hanno portato ad una clamorosa inchiesta giudiziaria con il coinvolgimento del responsabile della Protezione Civile Mario Lerario.
Già con le procedure attuali le gare di appalto con piccoli importi spesso vengono di fatto aggirate, facendo partecipare almeno tre concorrenti di cui due servono come copertura legale, immaginiamo quello che accadrà con gli affidamenti diretti.
La procedura sarà sicuramente più snella, si eviteranno i fastidiosi ricorsi al TAR, si potrà velocizzare tutto, ma a discapito della legalità e della trasparenza e a tutto vantaggio della politica del piccolo cabotaggio.
Sul resto del provvedimento si può anche convenire al fine di procedere “nella direzione della semplificazione, sburocratizzazione delle procedure e della liberalizzazione.”
Si prevede infatti che “per fare una gara di appalto si risparmieranno dai sei mesi ad un anno, grazie innanzitutto alla digitalizzazione delle procedure (in vigore dal 1°gennaio 2024). Una banca dati degli appalti conterrà le informazioni relative alle imprese, una sorta di carta d’identità digitale, consultabile sempre, senza che sia necessario per chi partecipa alle gare presentare di volta in volta plichi di documentazione, con notevoli risparmi di costi e soprattutto di carta. Una norma apprezzabile anche sotto il profilo ambientale. I soggetti appaltanti, ma anche le imprese e cittadini avranno disponibili on line i dati per garantire trasparenza.”
L’altro punto debole del provvedimento è invece quello relativo alla subappalto, così
come denunciato dall’unione del sindacato di base.
“Mentre fino ad oggi un lavoro in subappalto non poteva essere oggetto di un ulteriore subappalto, con il nuovo codice non sarà più così e la Stazione appaltante potrà procedere ad una sequela infinita di cessioni di lavori ad altre imprese Un meccanismo che favorirà la nascita di scatole vuote, senza dipendenti e create solo per appaltare lavori, e che porterà ad una ulteriore frammentazione del sistema. Così si fa largo non solo alla corruzione e alle infiltrazioni malavitose, ma si rinuncia anche all’idea che la P.A. svolga una funzione di governo mettendo lo Stato nelle mani delle imprese”.
Questo governo viene definito come un governo di Destra-Centro e a volte di Destra che più Destra non si può. Quest’ultima si è però sempre proposta come la paladina della legalità.
Le posizioni di politica internazionale, totalmente allineate agli interessi dei colonizzatori USA, come neanche Craxi o Andreotti si sono mai sognati di sostenere, i provvedimenti legislativi apparentemente duri e repressivi, come quello di multare con somme fino a sessantamila euro i dementi che imbrattano opere d’arte e palazzi antichi, la mancanza di idee incisive per aprire un futuro meno incerto alle nuove generazioni, fanno pensare che la luna di miele con una parte dell’elettorato potrebbe avere la catena corta e tra qualche mese potremmo assistere ad un clamoroso tonfo. Rimane l’incognita di una alternativa capace di proporre una seria prospettiva futura e che non potrà essere la nuova leader del PD, che già si sta sgonfiando e marginalizzando con la sua proposta politica libertaria e tardo sessantina.
Negli ultimi trent’anni sono state sempre premiate i leader che sono apparse, almeno nella fase iniziale, anti-sistema: Berlusconi, lo stesso Renzi, Beppe Grillo, Salvini ed ora Meloni. Si sono tutti però ben presto sgonfiati, mentre la sfiducia ha ingrassato le percentuali del non voto.
La storia insegna però che non bisogna mai disperare e l’imprevedibile è sempre dietro l’angolo.
Vincenzo Maida