Con le decisioni europee sulla riduzione dei dazi all’importazione dell’olio dalla Tunisia non è solo a rischio un prodotto simbolo della qualità made in Italy; si prevedono gravi conseguenze sui nostri 4.700 frantoi che producono in media 380.000 tonnellate annue di olio 100% made in Italy.
L’allarme arriva da Aifo Confartigianato, l’Associazione italiana dei frantoiani oleari, secondo la quale l’arrivo di 35.000 tonnellate di olio tunisino rappresenta l’ennesimo colpo ad un settore già fortemente penalizzato e che negli ultimi 20 anni ha visto dimezzato il numero delle imprese.
In Basilicata i frantoi attivi sono circa 120, distribuiti in una cinquantina di comuni lucani.
Solitamente decidono di non operare in una campagna olivicola quei frantoi di piccole dimensioni che, in base a previsioni sulla stagione produttiva, ritengono di non riuscire a coprire i costi. Sulla loro attività in regione, che in dieci anni ha subito un dimezzamento, ha inciso anche la legislazione in materia di smaltimento dei reflui, nonché di rispetto dei requisiti in materia di igiene. Inoltre, la maggior parte è sottoutilizzata sia rispetto alla capacità produttiva, sia in relazione alla stagionalità di utilizzo, in quanto la massima concentrazione di attività si registra nei mesi di raccolta delle olive ed in quelli immediatamente successivi. Da un punto di vista più tecnico, rispetto al sistema di estrazione, da noi gli impianti per la centrifugazione sono leggermente più diffusi rispetto a quelli a presse (rispettivamente 52% e 48%).
“L’importazione di olio dal Paese nordafricano – spiega Piero Gonnelli, Presidente di Aifo – farà crollare i prezzi del prodotto sul nostro mercato. Le condizioni e i costi di produzione in Tunisia sono infatti profondamente diversi rispetto a quanto avviene in Italia. Basti pensare che il costo del lavoro per un operaio tunisino è 15 volte inferiore rispetto a quella di un lavoratore italiano del settore. Ma ad essere penalizzati, oltre alle piccole imprese, sono anche i consumatori: le regole sull’etichettatura dell’olio prevedono la generica indicazione dell’area di provenienza e non quella specifica del Paese di origine del prodotto”.
“E’ indispensabile – sottolinea Confartigianato – che vengano intensificate le attività di controllo sulla tracciabilità dei prodotti. E’ l’unica arma per prevenire e contrastare i rischi per la salute dei consumatori e per certificare la qualità dell’olio prodotto esclusivamente in Italia che vanta ben 43 marchi di qualità Dop e Igp”.
Secondo le rilevazioni di Confartigianato, il 98,7% dell’olio di oliva importato dall’Italia proviene da quattro Paesi: la Tunisia, con un valore di 279 milioni di euro nel 2015 (dicembre 2014-novembre 2015), detiene il 15,4% delle nostre importazioni, al terzo posto dietro al primato del 53,8% della Spagna, il 26,2% della Grecia e davanti al 3,3% del Portogallo.
L’olio di oliva rappresenta il secondo prodotto esportato dalla Tunisia in Italia dopo i prodotti di abbigliamento esterno.
Nei primi 11 mesi del 2015 le importazioni di olio dell’Italia sono aumentate di 395,8 milioni e il 56% dell’incremento deriva da maggiori importazioni provenienti dalla Tunisia.
Nella classifica dei Paesi europei, siamo il Paese maggiore importatore dalla Tunisia di oli e grassi vegetali e animali(il 95,2% è costituito da olio di oliva): ne acquistiamo il 46,2% del totale, davanti alla Spagna che detiene il 44,3%.