Il dato sulle vendite del commercio al dettaglio a febbraio scorso secondo i dati diffusi dal’Istat e’ in linea con quanto gia’ anticipato dall’Indice dei consumi di Confcommercio, che indicava un’evoluzione molto debole dei consumi. E’ sicuramente questa la cartina al tornasole della chiusura in provincia di Potenza, nel corso del 2014, di 448 esercizi commerciali al dettaglio. Lo sottolinea la Confcommercio Imprese per l’Italia Potenza aggiungendo che la domanda delle famiglie, che ha mostrato nei mesi piu’ recenti una moderata tendenza al miglioramento, non sembra essersi ancora avviata su un consolidato sentiero di ripresa mentre si conferma un’ulteriore contrazione delle vendite delle piccole superfici. Il recupero della fiducia delle famiglie – continua la nota – dovrebbe tradursi nei prossimi mesi in una piu’ sicura crescita dei consumi. Per adesso, si registra la terza variazione tendenziale positiva consecutiva, fenomeno che, tenendo conto delle diverse dinamiche inflazionistiche, non si verificava almeno dal 2011. L’aspetto piu’ problematico dell’attuale congiuntura dei consumi e’ la perdurante debolezza delle vendite presso i negozi di prossimita’. Inoltre si sta allargando anche il gap tra la grande distribuzione e le piccole e medie imprese del commercio, con ulteriori rischi di perdita di occupazione e di desertificazione nei centri urbani. Specie nel comparto alimentare – commenta Fausto De Mare presidente Confcommercio Potenza – ogni giorno i titolari degli esercizi di quartiere si vestono di un sorriso e servono la qualità. Resta questa la formula vincente del negozio tradizionale, costantemente orientato alla soddisfazione del cliente, che sceglie di innovarsi, anche attraverso un percorso di aggiornamento anch’esso costante nel tempo. Guardiamo infatti al futuro del negozio alimentare, partendo dai suoi punti di forza e di debolezza, per individuare le strategie su cui puntare per avere successo. Ma – conclude De Mare – solo politiche fiscali distensive, volte a rafforzare i favorevoli impulsi esterni possono trasformare una debolissima ripresa che per ora, riguarda solo la GDO, e taglia fuori la maggior parte delle PMI, in un’apprezzabile crescita.
Tra gli indicatori più significativi dello stato di crisi del sistema imprenditoriale c’è la lunghezza dell’arco di vita delle imprese. Che è andata sempre più accorciandosi: da noi oltre il 40% delle attività aperte nel 2010 è già sparito. Un’impresa su quattro dura addirittura meno di tre anni.