Innovazioni tecnologiche, organizzative e commerciali, semplificazione burocratica, rafforzamento delle filiere produttive e difesa della redditività dei piccoli produttori contro l’eccessiva volatilità dei prezzi. Sono proposte puntuali e concrete quelle che la Cia ha presentato al commissario europeo all’Agricoltura Phil Hogan in occasione del convegno di Caserta.
A tre anni dall’avvio operativo della riforma, l’impianto complessivo della Pac– sottolinea la Cia – si sta infatti dimostrando inadeguato alle trasformazioni dettate dal mercato globale non riuscendo a difendere i redditi dei produttori agricoli, e ciò soprattutto nei paesi mediterranei e nel Mezzogiorno d’Italia, caratterizzato da una maggiore diversificazione produttiva, da processi colturali a maggiore intensità di lavoro e da una più alta esposizione alla concorrenza di paesi extra-Ue.
“Non possiamo attendere il 2020 – afferma AlessandroMastrocinque, vice presidente nazionale della Cia – per ovviare a queste evidenti criticità emerse dal piano comunitario sul primo settore. A tutela del futuro degli agricoltori del Sud chiediamo pertanto a Hogan di intervenire subito su quattro aspetti: difesa del principio di reciprocità degli standard produttivi e commerciali tra Ue e paesi terzi, in modo da evitare casi come quello recente del Sud Africa per gli agrumi; rafforzamento delle politiche a sostegno delle filiere e dell’aggregazione di organismi interprofessionali; estensione degli strumenti assicurativi di gestione del rischio e di stabilizzazione del reddito; e, ultimo ma non ultimo, semplificazione burocratica per le misure del Psr, a cominciare da quelle davvero farraginose relative ai finanziamenti per la consulenza delle piccole imprese e per l’incentivazione di approcci partecipativi”.
La Cia inoltre afferma di condividere le proposte illustrate dall’assessore all’Agricoltura Braia , tra cui l’inserimento nel piano Junker della realizzazione della piattaforma logistica agroalimentare dell’ ortofrutta in Basilicata, la revisione dei parametri relativi alle importazioni in Europa di cereali, ed in particolare del frumento duro, la tracciabilità dei prodotti con indicazione obbligatoria in etichetta di nazioni e regioni di provenienza e trasformazione e le certificazioni omogenee in Europa per il Biologico.
Tra le questioni prioritarie da affrontare – si legge nella nota – c’è il crollo della redditività. In media per ogni euro speso dal consumatore finale, solo 15 centesimi vanno nelle tasche del contadino. Solo per fare un esempio, le arance sono pagate agli agricoltori il 40% in meno di un anno fa: ovvero 18 centesimi al chilo, contro i 2 euro al supermercato, con un rincaro che dal campo alla tavola tocca il 1111%.
Set 20