Per completare il quadro di risultati importanti raggiunti nello scorso anno dai quattro Parchi lucani e illustrati ieri da Federparchi, secondo la strategia “più agricoltura al Sud” che ci siamo dati, è necessarioche l’agricoltura torni ad essere protagonista anche nelle aree protette della nostra regione a partire dalla rappresentanza del mondo agricolo negli organismi di gestione dei Parchi da cui i produttori sono inspiegabilmente esclusi: è quanto sostiene la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori. Intanto – si legge nella nota – non va sottovalutato il “malessere” di numerosi agricoltori che solo qualche anno fa produsse persino una petizione di agricoltori di Rotonda per la fuoriuscita del Comune dal Parco nazionale del Pollino, quale spia di un sentimento non proprio vicino ai Parchi, in quanto non si tiene conto adeguatamente che l’attività agricola è una componente essenziale per la sopravvivenza economico-sociale del Parco stesso. Se a ciò si aggiunge l’emergenza cinghiali e fauna selvatica il “vaso” del malessere tra i titolari di aziende agricole dei quattro Parchi è “colmo”.Gli episodi di branchi di cinghiali davanti le aziende agricole, specie nell’area del Parco Gallipoli Cognato, nella Collina Materana (ultimo caso segnalato dal Comune di Tursi) e nell’area sud della provincia di Potenza, con continue minacce per l’incolumità di agricoltori e famiglie sono stati continuamente denunciati negli ultimi anni dalla Cia insieme alla proposta di una serie di iniziative per intraprendere un percorso efficace di risoluzione della problematica. Nella nota si evidenzia che è sceso in campo direttamente il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino per denunciare una situazione ormai insostenibile e rivendicare l’impegno da parte del Parlamento e del Governo per adottare, ciascuno nell’ambito delle competenze di merito, «provvedimenti legislativi e attuativi che consentano la limitazione/gestione delle specie, in relazione alla capacità del territorio di sostenere la loro adeguata presenza nella logica della coesistenza sostenibile». Accanto a ciò, alla Regione e agli enti locali, la Cia chiede «interventi adeguati di abbattimento selettivo rivolti all’effettivo controllo della massiccia presenza delle specie alloctone e invasive, degli ungulati e dei selvatici predatori che stravolgono l’equilibrio naturale e produttivo». Ancora, l’adozione di un piano straordinario di interventi per riportare la presenza e la densità degli ungulati in equilibrio con il territorio. Quindi attivare interventi di contenimento e di prelievo della fauna selvatica, in particolare ungulati, nei parchi e nelle aree protette; e garantire il rispetto del principio del risarcimento totale dei danni diretti ed indiretti causati da fauna selvatica ed ungulati.
Per tornare all’attività dei Parchi – a parere della Cia – la salvaguardia del territorio non può prescindere da uno stretto collegamento con l’attività agricola, in modo particolare nelle aree tutelate, dove il ruolo multifunzionale dell’impresa agricola trova la sua massima valorizzazione, anche in relazione ai progetti di sviluppo sostenibile avanzati dalla Regione. Basti pensare che tra il turismo rurale e l’indotto legato all’enogastronomia tipica, le campagne italiane valgono più di 10 miliardi di euro l’anno. Un patrimonio da tutelare e da difendere che negli ultimi 60 anni ha subito la sconsiderata aggressione dell’abusivismo e dell’urbanizzazione selvaggia, che hanno lentamente “rosicchiato” questo “capitale verde”, sottraendo terre all’agricoltura e creando un danno economico complessivo di 25 miliardi di euro.
Tra le proposte operative della Cia: una conferenza regionale sul tema agricoltura-sviluppo rurale-parchi-politiche di coesione; la rappresentanza del mondo agricolo negli organismi di gestione dei Parchi da cui sono da sempre esclusi; l’istituzione della Consulta dell’economia del Parco; l’attivazione di progetti di filiera ambiente-agricoltura-green economy; la promozione di una rete aziendale del Parco con l’adozione del marchio identificativo delle produzioni.
“Nella nuova Pac finalmente -sostiene Donato Distefano, direttore regionale della Cia Basilicata- il paesaggio rurale è considerato alla stregua di una risorsa economica, capace di produrre ricchezza, sia grazie al turismo ‘verde’ che attraverso il giro d’affari legato alle produzioni d’eccellenza tipiche e strettamente legate al proprio territorio, per cui l’Italia vanta il primato assoluto in Europa con le sue 228 denominazioni d’origine. Il tema del legame agricoltura/paesaggio – ricorda- è molto sentito dalla nostra organizzazione, che da anni investe su specifici progetti di ricerca”.Distefano infine evidenzia che la Cia a livello nazionale ha costituito il Gruppo di Interesse Economico specifico per il settore della Fauna e dei Parchi per dotare gli imprenditori agricoli di un ulteriore strumento di elaborazione diretta, concepito per affrontare con maggiore efficacia le problematiche derivanti dai legami tra le attività agricole e le aree sottoposte a vincoli di carattere ambientale. Il GIE potrà svolgere una funzione di grande rilevanza e di spiccata costruttività, entrando nel merito delle questioni in maniera tale da contribuire a creare le condizioni affinché i Parchi e le altre aree protette possano diventare davvero occasioni ed opportunità di crescita delle imprese e dei territori, senza rimanere inchiodati ad un ruolo che appare di sola contrapposizione e che sembra ridurli a rigidi applicatori di vincoli.
Feb 02