“La nomina dei nuovi direttori generali che registra l’esclusione di donne e la contemporanea diffusione dei dati sullo stato di attuazione del GEP (Gender Equality Plan) da parte della Regione testimoniano che nella nostra regione il percorso delle pari opportunità uomo-donna è ancora molto lungo e non solo sul lavoro perché non basta adottare il Piano di Uguaglianza e di Genere come pure la Regione ha fatto”. Così la segreteria regionale Uil e la Commissione Pari Opportunità Uil Basilicata sottolineando che è la stessa Regione ad ammettere che nella categoria dei “Dirigenti”, si registra da sempre una prevalenza maschile con gli uomini che costituiscono il 58,33 per cento e le donne il 41,67 per cento. Questo differenziale di genere relativo del 28,57 indica una maggiore presenza maschile nelle posizioni di vertice. Per la Uil oltre all’accesso ai ruoli dirigenziali, dove «le donne sono ancora sotto rappresentate nei ruoli di leadership e nelle posizioni decisionali» ci sono altri due fattori che vedono la Basilicata particolarmente indietro rispetto ad altre regioni: la conciliazione vita-lavoro, visto che «la difficoltà di conciliare vita privata e professionale rappresenta un ostacolo per molte donne” e il divario salariale. Bisogna, però, distinguere due aspetti del gender pay gap. Il divario di reddito medio mensile, dovuto o al fatto che le donne lavorano di meno per maggiore diffusione del part-time o che hanno inquadramenti e quindi retribuzioni orarie, inferiori. Ed il divario in termini di reddito annuale dovuto al fatto che le donne, nonostante oggi studino di più degli uomini e le laureate abbiano superato i laureati in moltissime discipline, ed ottengano risultati migliori, occupino meno le posizioni dirigenziali. Su questi temi la UIL e la Commissione Pari Opportunità Uil Basilicata hanno promosso in tutti i luoghi di lavoro una campagna di sensibilizzazione e promozione dell’art. 42 del codice delle pari opportunità, incoraggiando, come recita lo stesso, “le azioni positive, consistenti in misure volte alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità, dirette a favorire l’occupazione femminile e realizzare l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro”. Si tratta di iniziative intraprese a più livelli: nelle scuole con il progetto Essere insicuri nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro; sui posti di lavoro, pretendendo che la formazione relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro preveda dei moduli specifici sui rischi di genere; con il corso di educazione finanziaria rivolto alle donne per renderle autonome rispetto ad eventuali dipendenze da un uomo; attraverso la partecipazione come partner associato in un progetto transnazionale, Beyond Fear , che punta ad elevare nelle lavoratrici e nei datori di lavoro consapevolezza e prevenzione dei rischi di genere in ambito lavorativo; esperendo nuovi linguaggi, come quello universale dell’arte per costruire un nuovo umanesimo. Al centro c’è il Manifesto “Libere, Rispettate e Realizzate, per una vera parità”, mettendo insieme singole misure – come la richiesta di istituire il congedo mestruale – con proposte più ampie, che richiedono una serie di interventi e correttivi, nella consapevolezza che, per affrontare in modo radicale e risolutivo la condizione di discriminazione e disuguaglianza delle donne nel nostro Paese, è necessario un approccio strutturato e organico. Le misure spot non servono. “Uno dei punti centrali, per noi, è colmare il divario di genere nel mondo del lavoro”. È quanto hanno dichiarato Sofia Di Pierro, componente segreteria regionale confederale e Raffaella Triunfo coordinatrice Pari Opportunità Uil. “Ciò significa, in primo luogo, combattere la precarietà, che colpisce le donne in maniera sproporzionata, con incentivi per l’assunzione delle lavoratrici a tempo indeterminato. È necessario, inoltre, rendere la genitorialità un’esperienza realmente compatibile con il lavoro, potenziando i servizi di cura per i figli e il tempo pieno in tutte le scuole e adeguando i tempi del lavoro con quelli scolastici. Non basta: misure virtuose, come quella che riguarda l’obbligo, previsto nel codice degli appalti pubblici, di rispettare una quota di almeno il 30% di donne e giovani nelle nuove assunzioni, devono essere monitorate e realmente applicate e non, come sta accadendo, derogate o posticipate. Bisogna, poi, creare le condizioni perché le donne non restino sistematicamente escluse dalle opportunità occupazionali, anche favorendo un loro orientamento verso le discipline STEM”. “Non esistono politiche che possano essere considerate neutrali dal punto di vista del genere: ignorare le differenze, che spesso si traducono in disuguaglianze, significa perpetuare e aggravare queste ultime. Le donne meritano che ci si occupi di loro tutto l’anno e che si producano risultati concreti, che migliorino le loro vite. Per farlo – hanno concluso Di Pierro e Triunfo – occorre il coraggio di rimettere tutto in discussione”.
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Ago 17