Nelle aree rurali gli effetti della crisi sono amplificati, soprattutto per gli “over 65”, perché agli assegni pensionistici mediamente più bassi si unisce la carenza a volte strutturale dei servizi socio-assistenziali aggravata dai continui tagli alla sanità e in particolare al Fondo per la non autosufficienza. La conseguenza è che oggi sono 7 su 10 i pensionati delle aree rurali a rischio di povertà o esclusione sociale e che 6 su 10 rinunciano a curarsi.
E’ questa la conclusione dell’ incontro-dibattito sul tema: “Equità e giustizia sociale per una migliore qualità della vita degli anziani e dei pensionati nelle aree rurali”promosso a Garaguso dall’Anp (Associazione Nazionale Pensionati) aderente alla Cia-Confederazione italiana agricoltori.
Nel dibattito – coordinato da Paolo Carbone, con interventi di Franco Auletta – Sindaco di Garaguso, di Girolamo Costanzo – CIA – Garaguso, Rocco Cavallo – Patronato INAC, Domenico Guaragna – Esperto Terzo settore e concluso da Donato Distefano, Direttore CIA Basilicata – è stato sottolineato che sono numerosi, specie nelle aree più interne, gli agricoltori in pensione, anche ultra settantenni o ottantenni, che continuano a lavorare perché ricevono assegni pensionistici “da fame”. Una distorsione economica e sociale che – è stato sottolineato – non solo azzera il ricambio generazionale ma provoca problemi di produttività e sicurezza.
Nel 2015 l’Anp-Cia, grazie a un’importante campagna di sensibilizzazione, ha raccolto 100.000 firme per chiedere che i trattamenti pensionistici minimi siano equiparati a quelli europei e vengano riconosciuti gli 80 euro ogni mese anche ai pensionati. Le ultime notizie parlano di un accordo con i sindacati – al momento non ancora diventato provvedimento – per l’erogazione di una quattordicesima mensilità estesa ai pensionati che percepiscono fino a 1000euro lordi e un aumento del del 30% per chi già la percepisce. Un provvedimento che soddisfa solo parzialmente i pensionati Cia perché la situazione è davvero da “bollino rosso” per gli ex lavoratori in agricoltura. Sono i numeri a dirlo: l’89,4% non arriva a una pensione di 600 euro ma la media del settore è notevolmente più bassa e si attesta sui 400 euro al mese, con punte minime di 276 euro al mese.
«Come può un agricoltore pensare di smettere di lavorare – si chiedono i dirigenti Anp-Cia– se la prospettiva è di vivere con nemmeno 300 euro al mese? In questi anni ci siamo battuti molto per ottenere un cambio di rotta a livello di trattamento pensionistico minimo per gli ex agricoltori e speriamo davvero che le firme raccolte nel 2015 portino, come sembra, ad avere almeno una quattordicesima mensilità”
“Affrontiamo un tema che non è solo quello dell’agricoltura – ha detto il direttore regionale Cia Distefano–. Persone che sono arriviate alla fine del loro ciclo lavorativo e che sono dimenticate. Non c’è attenzione per chi è anziano, e questa è una vergogna nazionale. Una vergogna che si amplifica quando si parla di agricoltori che dopo una vita di fatiche devono continuare a lavorare per poter sopravvivere. Scegliere di vivere nelle aree rurali significa continuare a far vivere queste aree, ma questo a molti evidentemente non interessa».
E’ stato infine rilanciato il progetto di “Polo integrato dei servizi alla persona” quale strumento per lo sviluppo sinergico delle attività di Cia, Anp (Associazione nazionale pensionati), Inac (Patronato) e Caf (Centro assistenza fiscale). Un progetto che sarà concretizzato attraverso l’apertura sul territorio e specie nelle contrade rurali di Circoli Anp e di Sportelli anziani.
Nov 19