La raccolta di firme contro il blocco della rivalutazione annuale introdotto con la riforma Fornero che riguarda 6 milioni di pensionati e contro le modifiche peggiorative per le pensioni di vecchiaia ed invalidità è al centro delle iniziative promosse dall’ANP (Associazione Nazionale Pensionati) e della Cia-Confederazione Italiana Agricoltori della Basilicata. In occasione del programma “Maggio mese sociale”: il prossimo 9 maggio a Roma sotto a Montecitorio, si terrà un sit-in di protesta con una folta delegazione di pensionati-agricoltori lucani; “’Inac (patronato di coltivatori e cittadini) in piazza” l’11 e il 12 maggio a Matera e a Potenza con manifestazione regionale a Brienza
In un Paese -spiegano Cia e il suo Patronato Inac- dove nelle aree rurali si concentra il maggior numero delle pensioni minime, dove ogni cittadino “butta” oltre 190 ore all’anno per adempiere ad obblighi burocratici, dove la disoccupazione giovanile supera il 35 per cento e l’impoverimento generale è l’unica statistica che bisognerebbe far scendere e invece registra un segno più.
In questo contesto, con i pensionati che fungono da “ammortizzatori sociali” per le famiglie, c’è una legge sulle pensioni che sposta progressivamente in avanti la data del “fine lavoro” e ulteriormente l’aggancia alla statistica dell’aspettativa di vita. Morire, mediamente, ad un’età più avanzata rispetto al passato, non significa che a 70 anni si è “abili e arruolati” al lavoro. Infatti – sottolinea Vito Pace, direttore regionale Inac – se è vero che molti paesi europei (come ad esempio la Germania) hanno innalzato l’età pensionabile legandola all’aspettativa di vita, è altrettanto vero che gli stessi stanno rimettendo in discussione questo teorema. Alcuni studi accreditati stanno dimostrando che, superati i sessant’anni, le persone sono maggiormente soggette a diverse patologie e quindi bisognosi delle relative cure.
Risultato: poco presenti sul lavoro e spese sanitarie dello Stato che superano quelle previste per le pensioni.
Nelle campagne – evidenzia l’Anp Cia – si vivono le situazioni più difficili: se in Italia quasi un pensionato su due vive con meno di 1.000 euro al mese, nelle aree rurali la media percepita si abbassa notevolmente, ed è proprio qui che si registra la massima concentrazione di pensioni minime, inferiori alla soglia di 500 euro mensili. Nelle zone di campagna i “morsi” della crisi sono amplificati e si inaspriscono i toni del disagio sociale, soprattutto per gli ultrasessantacinquenni. Si tratta di una categoria di per sé vulnerabile -spiega l’Anp Cia- ma che nella congiuntura economica attuale rischia di sprofondare in una situazione ancora più drammatica.
Attualmente, infatti, sono 7 su 10 i pensionati delle aree rurali a essere vicini alla soglia di povertà: un rapporto di gran lunga più allarmante di quello relativo alla popolazione italiana, che sfiora il 30 per cento.
Una condizione di sofferenza -sottolinea l’Anp Cia- accresciuta dalla consistente perdita del potere d’acquisto delle pensioni negli ultimi vent’anni, dal progressivo aumento della pressione fiscale e ora anche dal blocco della rivalutazione annuale introdotto con la riforma Fornero che riguarda 6 milioni di pensionati.
Ma il problema non è solo economico. La geografia della crisi italiana -continua l’Anp Cia- è legata anche allo stato di salute dei servizi sociali. E nelle campagne la carenza è strutturale ed è aggravata dai recenti tagli alla sanità e in particolare al Fondo per la non auto-sufficienza, che grava in particolar modo su anziani e pensionati.
Per questo non si può più perdere tempo: c’è l’esigenza – afferma Giovanni Bulfaro presidente regionale Anp Cia- di lavorare a una riqualificazione di queste aree, prendendo le misure locali di intervento per le non autosufficienze, nonché tutte le provvidenze economiche agli indigenti, eliminando incongruenze e abusi e, contemporaneamente, offrendo un sostegno vero e efficace a chi è in reale stato di bisogno. Va, insomma, colmato ogni divario qualitativo e quantitativo tra regioni e territori garantendo i livelli essenziali di assistenza sociale.
Per questi motivi, la Cia e il suo Patronato Inac ritengono che, dopo l’ultima riforma delle pensioni, che ha elevato in modo consistente l’età pensionabile, questa norma non abbia più ragione di essere e auspicano che i cittadini aderiscano numerosi alla petizione popolare per eliminare questo meccanismo inaccettabile.
La modifica della Riforma Fornero è uno degli obiettivi del nuovo Governo con lo scopo di semplificare i contratti a tempo e l’apprendistato. E’ quanto afferma il Segretario Provinciale della Ugl di Matera Luigi D’Amico, il quale dichiara che basandosi sul presupposto che le rigidità vincolanti introdotte abbiano fortemente contribuito a rallentare le nuove assunzioni, sono allo studio diverse ipotesi di modifica. Prima fra tutti si metterà mano ai contratti a termine dove sono attualmente allo studio due possibilità. La prima riguarda l’eventuale intervento sugli intervalli temporali obbligatori tra un rinnovo e l’altro, che la legge 92 del 2012 ha dilatato da 10 a 60 giorni per i contratti con durata fino a 6 mesi, e da 20 a 90 giorni per le forme contrattuali oltre i 6 mesi, con l’effetto di scoraggiare il prolungamento dei contratti da parte delle aziende; la seconda misura all’esame riguarda invece il cosiddetto “causalone”, e cioè le ragioni di natura tecnica, organizzativa, produttiva o sostitutiva volte a giustificare il ricorso al contratto a tempo determinato (la Riforma Fornero ha, al riguardo, abolito il ricorso al “causalone” per il primo contratto a termine per una durata fino a 12 mesi, che non risulta prorogabile). D’Amico continua affermando che il “causalone” dovrebbe essere reso meno pesante dal Governo Letta, tramite la generalizzazione della acausalità oppure tramite la sostituzione della stessa, precisando le percentuali di ricorso al contratto di tempo determinato, da fissare tenendo conto delle prerogative dei singoli settori (il modello prefigurato è preso da quello delle start-up, per le quali risulta già prevedibile l’assunzione di una percentuale di lavoratori con contratti a termine, a prescindere dall’indicazione della causale).Per quanto riguarda l’apprendistato, l’obiettivo che si intende raggiungere è quello di abbattare la rigidità della legge Fornero che prevede la possibilità di assumere apprendisti soltanto qualora il datore di lavoro risulti pienamente in regola con le percentuali di stabilizzazione (l’assunzione di nuovi apprendisti è correlata alla prosecuzione del rapporto lavorativo di almeno il 50% di essi, di cui il 30% nel corso dei primi tre anni di applicazione della legge). Il Segretario della Ugl di Matera Luigi D’Amico ritiene, infine, che l’idea allo studio è quella di togliere l’obbligo della riconferma, sostituendo il vincolo con gli incentivi, in tal modo “rafforzando l’apprendistato”, dal momento che il ricorso all’istituto figura coma una quota marginale delle nuove assunzioni (il 2,8%).
Lavoro, Giordano (Ugl):”Condizione regionale drammatica”.
“In Basilicata la crisi non si placa, le aziende sofferenti aumentano, non vedono soluzioni di ripresa lavorativa nell’immediato e non avendo la certezza di utilizzo di ammortizzatori sociali, provvedono incessantemente a licenziare o a collocare in mobilità il proprio personale”.
E’ quanto dichiara Giuseppe Giordano, segretario regionale dell’Uglm Basilicata per il quale, “il fenomeno regionale è divenuto esplosivo, ci sono centinaia di aziende senza commesse che hanno a combattere quotidianamente con le loro insolvenze economiche. Ci si è ingessati in due fenomeni: senza ‘paracadute’ sociale che possa garantire una risorsa sufficiente al supporto al reddito dei lavoratori, ed aziende speranzose di una ripresa produttiva. L’Ugl sollecita gli apparati regionali per attivarsi nel recepire le risorse sufficienti al supporto al reddito affinché le esigenze che riguardano tutto il settore lucano industriale e della PMI vengano prese in serio esame. Le aziende – conclude Giordano – necessitano di essere accompagnate con interventi di sostegno e di stabilizzazione della domanda, declinati in funzione dell’espansione dello stato sociale(rafforzamento degli ammortizzatori sociali ecc.), con una politica industriale mirata per rilanciare il lavoro e per contenere gli effetti negativi dovuti ai raggiustamenti dei mercati che sono due aspetti inevitabilmente connessi nell’obiettivo di favorire un assetto sociale più equilibrato. Ora non abbiamo ancora tempo da perdere, il mondo del lavoro in regione vive una condizione drammatica, la situazione quindi è molto pesante”.