Il titolare di una piccola o media impresa deve dedicare circa un mese del suo lavoro a sbrigare le varie pratiche burocratiche, esattamente 269 ore, corrispondenti a 34 giornate di un lavoratore a tempo pieno, il 52% in più della media dei Paesi Ocse, pari a 22 giornate; 70 invece le date che una Pmi deve appuntare sul calendario, tante infatti sono le scadenze fiscali da ricordare ogni anno. Sono questi gli esiti di un’indagine condotta sulle Pmi e riportata nello studio su crescita e semplificazione realizzato da Rete Imprese Italia insieme con il Cer.
Credo che questi esempi – è il commento di Fausto De Mare, presidente provinciale di Potenza di Confcommercio Imprese Italia – siano sufficienti per comprendere quanto è ancora lunga la strada della semplificazione e della sburocratizzazione. Il tema della semplificazione ha oggi recuperato un posto di rilievo nell’agenda di politica
economica, senza, tuttavia, che le imprese ne percepiscano ancora un effettivo beneficio. Anche perché vi sono campi dove il processo di riforma non sembra essere arrivato, con dichiarazioni fiscali che continuano a contare un numero eccessivo di pagine; moduli per i pagamenti IRPEF che richiedono informative senza poi mettere a disposizione lo spazio per fornirle; software di compilazione già complessi in origine e che ogni anno stratificano nuove procedure che inseguono un’incessante innovazione normativa; regole per la sicurezza del lavoro e l’infortunistica che accolgono indubbie necessità di tutela sociale ma, all’atto pratico, si rivelano di impervia applicazione; provvedimenti, infine, che si prefiggono di ridurre gli adempimenti amministrativi ma che complicano di più il lavoro di imprenditore e consulente. Quello che serve oggi – ispirandosi all’azione iniziata dal Ministro Bassanini – è un percorso di snellimento dell’apparato burocratico e amministrativo. Noi non cadiamo, infatti, nell’illusione che possano esistere uno Stato e una democrazia senza amministrazione e senza burocrazia. Ma senza una buona amministrazione e senza una buona burocrazia lo Stato è complicato e la stessa democrazia funziona male. Gli aggiustamenti sono in cantiere. Penso, ad esempio, alle Camere di Commercio. Lo stesso Presidente Renzi, commentando il successo dell’Expo 2015, ha ricordato la funzione delle Camere che da noi sono chiamate ad accelerare il processo di regionalizzazione.
E i costi? Superano i 30 miliardi quelli che le Pmi italiane sopportano ogni anno a causa dell’eccesso di adempimenti burocratici. Un peso equivalente al 2% del Pil che “costituisce un evidente freno al processo di sviluppo”. Secondo la valutazione delle Pmi, le giornate passate da un addetto per venire a capo di tutti gli adempimenti amministrativi previsti “sono aumentate nel corso della crisi: da 26 nel 2008 a 30 nel 2013 (+7%), passando per un massimo di 32 nel 2010 (+14% rispetto al valore pre-crisi)”, si legge nel rapporto. Inoltre “il 60% delle Pmi ritiene che l’incidenza degli oneri amministrativi sia aumentata negli ultimi anni, soprattutto a causa di norme più numerose e complicate”. Oltre il 25% dei costi burocratici – aggiunge De Mare – potrebbe essere eliminato “attraverso procedure più semplici che, in quasi due casi su tre, dovrebbero riguardare materie del lavoro e del fisco”. Dunque un terzo di questi costi, pari a 8,9 miliardi, potrebbe essere tagliato. Si tratta di “oneri impropri determinati da complicazioni e inefficienze burocratiche che un programma di semplificazione consentirebbe di evitare”.
Nov 03