Si comunica che la petizione popolare rivolta al MiSE, Regione Puglia e Regione Basilicata, per chiedere ad essi una presa di posizione a favore del reintegro in produzione dei Lavoratori della Natuzzi Spa esiliati presso lo stabilimento, non più attivo, di Ginosa e per un uso corretto del Contratto di Solidarietà ha già superato le 1000 firme.
Il dato è particolarmente significativo se si considera che la Campagna sociale è stata avviata ufficialmente soltanto lo scorso 28 aprile, giorno in cui è stata presentata presso l’Auditorium comunale “M. Giannico” di Laterza.
La prossima raccolta prevista è il giorno 11 maggio 2016, dalle ore 10:00 alle ore 13:00 ad Altamura in piazza Aldo Moro, ove sarà allestito un gazebo con tavolino e il materiale occorrente, per consentire a tutti i cittadini che condividono il testo della Petizione, di poterla sottoscrivere.
Di seguito il testo del volantino esplicativo della sopra citata Petizione e il testo integrale da firmare.
Lo sapevate che:
– Ministero dello Sviluppo Economico, Regione Puglia e Regione Basilicata, a settembre 2015, hanno stanziato 38 milioni di euro in favore della Natuzzi Spa, ma quest’ultima non si impegna ad usare il denaro pubblico per procedere a nuove assunzioni, ma addirittura prevede di ridurre l’organico in Italia;
– la Natuzzi Spa prima di compiere la delocalizzazione produttiva contava in loco quasi 3500 dipendenti, ora invece sono 2 mila circa. Quindi, se alla Natuzzi diminuiscono gli esuberi è perché diminuisce la forza lavoro complessiva;
– alla Natuzzi si è cominciato a parlare di esuberi quando la produzione all’estero è entrata a pieno regime (primi anni duemila). Di fatto il primo Accordo di Cassa Integrazione Guadagni risale al 2004, molto prima che la crisi economico-finanziaria facesse sentire i suoi effetti, e da allora si sono avvicendati, pressoché ininterrottamente, i vari Accordi CIG. Pertanto, va detto che Natuzzi è dal 2004 che scarica i costi delle sue politiche sulle tasche dei contribuenti, dunque, il minimo che possa fare è reintegrare tutti i suoi dipendenti senza se e senza ma;
– alla Natuzzi si è creato un cattivo e ingiusto precedente, quello di far ricorso allo strumento del Contratto di Solidarietà, che nei fatti non è solidale. Infatti, questo ammortizzatore sociale si fonda sul principio del lavorare meno per lavorare tutti, mentre alla Natuzzi si lavora meno, ma non lavorano tutti. Infatti, si è disposto che più di trecento addetti non meritano la solidarietà dei colleghi e sono stati esiliati presso il sito di Ginosa, già chiuso qualche anno prima. Agli ignari esiliati non è mai stato spiegato il motivo o i criteri per cui hanno ricevuto questo trattamento, tuttavia, a loro viene chiesto di accettare supinamente di essere un esubero e di andare a lavorare altrove.
Quanto sin qui descritto rappresenta un pugno nello stomaco dato a:
– i lavoratori dalla Natuzzi Spa trasferiti a loro insaputa a Ginosa e collocati a zero ore in Cigs per cessazione attività (l’anticamera del licenziamento) che, se gli va bene, subiscono una reale precarizzazione professionale, in quanto nuovi assunti da una sconosciuta New Co. con il Contratto a tutele crescenti (Jobs Act) e con salario d’ingresso. Se invece gli va male, si ritrovano disoccupati;
– i lavoratori ancora in produzione, che hanno già subito una decurtazione retributiva e un peggioramento delle condizioni di lavoro. Non è cinesizzando le maestranze locali che si vince la concorrenza dei paesi emergenti, ma valorizzandole e investendo nella qualità del prodotto;
– a tutti gli imprenditori onesti e scrupolosi che non hanno delocalizzato e neanche preso un solo centesimo di contributi pubblici. Stando così le cose, le Istituzioni stanno dicendo loro che sono stati degli ingenui, avrebbero, viceversa, dovuto delocalizzare, poi dopo qualche decennio riprendersi solo una parte degli esuberi dichiarati e per questo essere premiati con soldi della collettività;
– a tutti i disoccupati del territorio che non percepiscono nessun sostegno al reddito. Considerato che si dispone che, se nuove imprese dovessero insediarsi in loco, ad avere la priorità di assunzione non saranno loro, bensì chi un lavoro già ce l’ha, ma è indesiderato dal datore.
IO FIRMO E TU?
Firma la Petizione popolare per la solidarietà, il lavoro e la dignità. Si comincia dal caso emblematico della Natuzzi Spa, per affermare principi e valori in ogni azienda, ufficio e cantiere.
Ecco il testo integrale da firmare:
Al Ministero dello Sviluppo Economico
Alla Presidenza della Giunta Regionale Pugliese
Alla Presidenza della Giunta Regionale Lucana
Premesso che:
– l’arte di fare divani è un inestimabile patrimonio economico, storico e culturale del nostro territorio, che sta andando verso l’estinzione. Una grossa responsabilità dello stillicidio occupazionale è imputabile alla Natuzzi Spa che, pur avendo a disposizione un enorme potenziale per affrontare la concorrenza dei mercati, quello della professionalità ed esperienza di tutti i suoi lavoratori, si ostina ad insistere sul versante della fallimentare riduzione del costo del lavoro;
– la Natuzzi Spa ha percepito nel tempo ingenti finanziamenti pubblici (38 milioni di euro stanziati a settembre 2015, solo per citarne l’ultimo in ordine di tempo).
Noi cittadini pugliesi e lucani chiediamo alle Istituzioni destinatarie della presente che pretendano dall’azienda Natuzzi la non apertura delle procedure di licenziamento collettivo nei prossimi mesi. Inoltre, chiediamo loro di garantire che ogni forma di ammortizzatore sociale sia applicata secondo il suo fine e le proprie regole e non come strumento di premialità o discriminazione ad uso e consumo dell’impresa. Pertanto, la Natuzzi Spa deve predisporre il rientro in produzione di tutti i suoi dipendenti, coinvolgendoli nel Contratto di Solidarietà, così come un utilizzo corretto di quest’ultimo vorrebbe.
Infine, chiediamo che, se nuove società dovessero insediarsi in loco e manifestare la volontà di assumere personale, si dia la priorità ai disoccupati di lunga data che non percepiscono nessun sostegno al reddito. E’ così che si comporta una comunità giusta e solidale.
USB Lavoro Privato