Vito Petrocelli, senatore Movimento 5 Stelle: “La par condicio dei debiti e dei conflitti di interesse”.
«Basilicata bella scoperta» è da alcuni anni il refrain di una costosissima campagna pubblicitaria, realizzata da Giampiero Perri, massimo dirigente dell’Apt lucana, l’azienda pubblica di promozione turistica che ha un bilancio annuale di 2 milioni e seicentomila euro.
Peccato, però, che a scoprire periodicamente questa bella e non molto conosciuta regione meridionale, siano più i procuratori della Repubblica e la Commissione parlamentare antimafia che i turisti, nonostante l’Apt lucana spenda procapite per turista dieci volte di più della Lombardia con il magro risultato di avere un decimo dei suoi visitatori (circa 20 milioni i pernottamenti in Lombardia, poco meno di 2 milioni in Basilicata).
L’ultima inchiesta giudiziaria è di pochi giorni fa e al solito lega colletti bianchi, politici e imprese di quattro regioni meridionali a rifiuti e petrolio. In Basilicata in particolare la Procura indica che il binomio rifiuti/petrolio si pronuncia Criscuolo e Tecnoparco Valbasento e significa trattamento dei rifiuti minerari tossici.
Se la stampa nazionale, anziché aspettare le inchieste giudiziarie, fosse un po’ più presente nel corso dell’anno sulle nomine dei dirigenti degli enti, sui controlli che non si esercitano, sui debiti maturati dalle tante società pubblico private, o se facesse rilevare di più l’esistenza di una finta opposizione politica, forse le cose funzionerebbero meglio in questa regione che è sempre stata un laboratorio delle connivenze di Stato. Fin dagli anni ’80, quando arrivò la pubblica Anic in Valbasento, poi diventata la Tecnoparco dei privati a partecipazione pubblica, grazie alla presenza tra i suoi soci del Consorzio industriale di Matera. Dagli anni ’90, è arrivata l’Eni e ha posizionato nuove e impattanti stazioni lungo la via del dolore e dell’oblio dei lucani, nel loro grave e perdente rapporto tra economia, posti di lavoro, inquinamento ambientale e, purtroppo, salute collettiva.
Tra tasse, royalties e fondi europei, la Basilicata gestisce qualcosa come 4 miliardi di euro all’anno di bilancio pubblico. Un mare di soldi, rapportati alla densità abitativa, alla dimensione stessa della regione e, soprattutto, al numero delle correnti politiche. Tutto ciò gioca a favore di quella “Pax Lucana” imperante tra impresa (amica) e finanziamenti pubblici, tra maggioranza e finta opposizione, tra dirigenti di enti di servizio o di controllo e il mancato rispetto di norme di tutela e di libera concorrenza. Indubbiamente aiutata da due leggi “pro domo” degli interessi dei partiti, la 241 del 1990, sulle partecipate pubblico private, e la 127 del 1997, più nota come “Bassanini Bis”, con le quali sono stati “legalizzati” debiti e conflitti di interesse a non finire. A loro volta controllati con una par condicio perfetta: gli assessori regionali sono del centrosinistra, mentre i direttori e commissari vari degli enti che hanno prodotto più debiti che entrate, sono spesso di Forza Italia. Come è il caso proprio di due enti “di peso”, come l’Apt e il Consorzio agrario di Bonifica, dove tra l’altro, nessuno dei due dirigenti ha competenze specifiche per guidarli, essendo laureati in giurisprudenza.
Vito Petrocelli, senatore Movimento 5 Stelle